Come affrontare la medicalizzazione dell’asessualità?

Dalla mia postazione, non so quanto privilegiata di attivista / blogger, ma, soprattutto, di persona con un sacco di tempo libero e molto poco da fare per riempirlo, e quindi da quello che sento dalle persone con le quali parlo (che sono, comunque, esempi sparsi con valenza statistica quasi nulla), mi sento di potermi azzardare a dire che, in Italia, per quello che riguarda l’opposizione alla medicalizzazione dell’asessualità, siamo all’età della pietra o giù di lì, nonostante ottime iniziative che si sono succedute in questi anni.

Occorrerebbe, da parte di tutta la comunità, un serio impegno, dal punto di vista delle informazioni da avere da parte dei professionisti, ma anche in quelle da poter dare ai professionisti stessi, e dal punto di vista di creare un cane da guardia, che eviti, da parte dei professionisti del settore, quegli eccessi che sono dettati dall’ideologia dell’eteronomatività, che vede come “non normale” tutto ciò che non è eterosessuale e che non porti ad un’attività sessuale.

Se, negli ultimi anni (ma con brutti segnali di una prossima retromarcia in materia), la parte della normalizzazione eterosessuale è stata, in qualche modo, attenuata, la parte che riguarda la normale attività sessuale, viene ancora spinta da parte dei professionisti verso persone spesso giovani, spesso sole, spesso spinte ad una normalizzazione dalle proprie famiglie.

Questi stessi professionisti, inoltre, prescrivono con decisamente troppa leggerezza psicofarmaci e medicinali ad essi assimilabili.

La non conoscenza, da parte dei medici, delle tematiche dell’asessualità, è una problematica ben conosciuta anche al di fuori dei nostri confini.

Una ricerca su Google, fatta prima di scrivere questo pezzo, con i termini “medicalizzazione asessualità”, riporta, tra i primi cinque risultati, tre pagine che si riferiscono al nsotro blog e collettivo: una presentazione che facemmo a Lucca la scorsa primavera in collaborazione con LuccAut, la presentazione del collettivo/blog che scrivemmo lo scorso gennaio, e la risposta data ad un articolo di un sito napoletano, al quale avevamo risposto in termini un po’ piccati…

Le storie che sentiamo raccontare di asessualità “curata” attraverso medici, in buona fede, o accecati dall’ideologia della normalità, continuano ad essere tante, e questo potrebbe essere un punto sul quale insistere nelle nostre azioni come comunità nei prossimi anni.

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