Tempi bui: dove sono gli asessuali?

Non serve davvero un genio per capire che stiamo andando incontro ad una grave restrizione dei nostri diritti civili, che vengono difesi da un esiguo numero di persone, poche più rispetto a quelle che vengono toccate direttamente da da certi provvedimenti o da certe dichiarazioni.

Le notizie che provengono dall’Italia, sono un bollettino di guerra per la comunità Lgbtqia, a cominciare dalle aggressioni che non fanno quasi più notizia, passando per le sparate di qualche politico che pone le sue paranoie contro la libertà delle donne al centro del dibattito politico, per finire con quelle di qualche speaker radiofonico, che offende le persone Lgbtqia credendosi ben protetto dalla politica e cercando, così, di leccare il culo ai nuovi padroni.

In questo continuo bombardamento che stiamo subendo da sei mesi a questa parte, che voce possono avere gli asessuali?

Quanto potrà fare rumore la prossima offesa pubblica su una radio nazionale, o, peggio, il prossimo medico che prescriva psicofarmaci ad un minorenne asessuale per poterlo “curare”?

E sotto questo, mi chiedo quanto rumore faranno le offese, e le spinte per “uniformarsi”, quando un’identità e la visibilità di un orientamento che è costato così tanto far venire alla luce, dovesse essere nuovamente messa a tacere e trattata come un’anomalia, o, peggio, come un’indole o una scelta personale da vivere come l’effetto dell’ennesima “moda”, passata la quale si può tornare, senza problemi, alla normalità.

Quello che mi preoccupa di più, è la comunità asessuale stessa. Anche qui non serve un genio per capire che la spinta di iniziativa che la aveva contraddistinta fino a un paio di anni fa, si è andata esaurendo. Sembra quasi che non ci sia più l’interesse a dirsi asessuali “loud and proud”, ma sia venuta fuori una sorta di paura, una voglia di accontentarsi dei vari nascondigli che l’eteronormatività mette a disposizione, stando molto attenti a non volere passare, in alcun modo, per quelli “diversi”.

Una sorta di “ritorno alla base”, con buona pace di coloro che, per varie ragioni, alla base non possono, non vogliono e non devono tornarci.

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