Asessuali in India: dopo la sentenza c’è ancora molto da fare.

La “storica” sentenza indiana che ha depenalizzato i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso, cancellando così un divieto che risaliva addirittura all’era coloniale, nonostante sia senza ombra di dubbio un importante passo avanti fatto verso il rispetto dei diritti civili nel Paese, sembra aver lasciato, comunque, diverse lacune, e diverse aree grigie.

Il primo esempio da riportare è quello delle persone asessuali. Ovunque, infatti, nel documento della Corte Suprema indiana, si parla di persone “LGBT”.

Secondo Raj, un attivista venticinquenne di Indian Asexuals, si sarebbe dovuto almeno includere una Q nell’acronimo, se non si voleva proprio usare la forma “corretta” Lgbtqia+ per indicare tutte quelle persone che sono state lasciate fuori.

La sensibilità verso le persone asessuali, secondo Raj, è più bassa di quella riportata verso le altre identità. “Ci viene detto -afferma- se non ha i interesse per il sesso, vai da un medico. Ma le persone asessuali non dovrebbero essere trattate come dei pazienti”. Inoltre, secondo lui, i medici dovrebbero imparare ad avere a che fare con tutte le identità, non limitarsi a quella omosessuale.

Un’altra delle comunità che ha ancora molta strada da fare, è quella trans.

“Ho accolto positivamente questa sentenza -dice Grace, attivista per la causa trans- ma questo non cambia la discriminazione che dobbiamo affrontare. Nella vita di tutti i giorni, le persone trans devono chiedere l’elemosina per strada, e questa sentenza non cambierà nulla per loro. Non abbiamo diritto al lavoro ed all’istruzione. Noi vogliamo vivere una vita dignitosa, ma la società non ci dà nessuna occasione per poterlo fare”.

Ovviamente, alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e a quelle basate sull’identità di genere, si vanno a sommare le differenze sociali.

“Per le persone che fanno parte delle classi sociali più avvantaggiate della nostra società -aggiunge Grace- è più facile far rispettare i propri diritti ed avere consapevolezza. Anche dopo la sentenza, molti non si rendono conto dei loro diritti. Le persone trans nei piccoli villaggi, e quelle del Nordest e del Kashmir, sono ancora più oppresse. Loro non sanno neanche di avere dei diritti o che cosa significhi la sentenza della Corte Suprema”.

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