Ancora un’altra guida al coming out asessuale

Quali sono le caratteristiche di un coming out asessuale?

Charles Pierce, un attore statunitense, noto per i suoi ruoli en travesti1 disse una volta questa frase: è più facile essere nero che essere gay: se sei nero non devi dirlo a tua madre.

Uso sempre questa frase quando devo parlare di coming out asessuale: perché se sei asessuale, non solo lo devi dire a tua madre: devi spiegarle cosa voglia dire, e la cosa, calza a pennello.

Anche per questa ragione, non mi piace troppo usare il termine coming out quando si parla di asessualità, ma è quello che rende meglio l’idea, e preferisco dire coming out piuttosto che usare dei larghi giri di parole per dire più o meno la stessa cosa, senza fare capire un accidente.

 

Ma andiamo con ordine…

Coming out è un termine che, come anche il meno furbo dei (pochi) lettori di questo blog avrà intuito, proviene dallalingua inglese.

Come buona parte del gergo di area Lgbtqia+, tutto nasce negli Usa2 , e sta per coming out of the closet: uscire dal ripostiglio3. Il senso è chiaro.

Significa rivelare la propria non normatività.

Si può fare un coming out per tante cose, se ne possono fare più di uno. Ad esempio, ora che mi ricordo, ero un bambino quando, alla prima lezione di religione a scuola4, dopo aver visto tutti i miei compagni farsi il segno della croce (che non conoscevo, venendo da una famiglia atea), dissi al prete che faceva lezione “Dio non esiste”.

Anche quello fu un coming out: rivelai la mia non normatività rispetto gli altri, senza aver paura, o per pura incoscienza, non volendo più nascondermi.

Un altro coming out che mi tocca fare spesso, quando vado ad un ristorante è confessare al cameriere di essere vegano. E dovermi sorbire la paternale sulle piante che soffrono, sulle isole deserte piene di maiali e mucche, e vedere un tipo che si fa mettere da parte un osso della mucca, della quale si è appena divorato un pezzo, per darlo al suo cane perché lui “ama gli animali”, accusarmi di poca coerenza.

Gli ultimi due che ho raccontato, non sono dei veri coming out, e non prendono questo nome, di solito, ma, come anche il meno furbo di cui sopra avrà capito, servono a rendere l’idea.

 

Torniamo alla mamma. Il coming out classico è “mamma, sono gay”.

Nei film funziona così, e, da quel momento, da quando la mamma piange a dirotto5 e abbraccia il figlio6, tutti sanno che quel personaggio è omosessuale. Anche quelli che entrano in scena dopo.

Non è così semplice.

Veniamo a noi. Un o una giovane asex va dalla madre: “mamma sono asessuale”.

La mamma lo guarda7, e con tutto l’amore che solo una madre può avere, dolcemente, gli sussurra, “che cazzo hai detto, amore? Per caso hai ricominciato a farti le canne?”

La mamma, o chi per lei, sa o, meglio, spesso, crede di sapere, cosa è un gay, cosa sia una lesbica eccetera. Una persona asessuale, non si ha idea, cosa possa essere. E appena il figlio8 esce dalla stanza, la madre si mette in cerca di informazioni su quella strana cosa che il figlio le ha appena detto9.

E mentre le mamme degli anni ‘90, se volevano delle informazioni sbagliate si potevano rivolgere a uno psicologo, o, al massimo, al parroco, oggi, per prendere delle vere cantonate su quello che riguarda la salute dei propri figli, le mamme hanno un bellissimo alleato: Google, i social, e le altre mamme sui social10.

Non mancando, specialmente in italiano, le informazioni sbagliate e distorte sul tema asessualità, le mamme si convincono di tutto.

Per questo, quando una persona asessuale fa coming out, deve aver bene presente una cosa: deve essere molto, molto informata sull’argomento.

Una buona idea può essere quella di leggere libri sull’asessualità. Purtroppo, in italiano c’è poco e niente. Facciamo niente, che è meglio11. Ma qualsiasi giovane, oggi, riesce a leggere in inglese, non dovrebbe essere un problema.

Siti di informazione in italiano, non ci sono (a parte ehm… questo…), e la ricerca nei gruppi e nei forum, porta ad un’informazione tra pari. Chi risponde, è spesso un’altra persona asessuale12 e spesso è giovane come chi sta cercando informazioni e si trova nella stessa situazione. Due persone senza bussola non hanno maggiori probabilità di uscire vivi da una foresta.

Inoltre, alla mamma è bene portare dei dati scritti da un professore universitario come Anthony Bogaert, che non di un tipo di Cremona, simpatico, va detto, ma che ha anche lui le idee un po’ confuse.

Lo dobbiamo spiegare noi per primi cosa significhi essere asessuali. Prima che un articolo dal tono “ecco gli asessuali: una banda di sfigati e frigide che dicono no al sesso”13 spieghi che siamo tutti malati e che bisogna sopprimerci, di corsa, altrimenti potremmo rovinare il mondo14.

 

Ecco un altra differenza dal coming out del film: anche io credevo che si dovesse dire una volta sola, questa cosa, e che gli altri lo avrebbero saputo per proprietà transitiva. Col cazzo.

La cosa, va ripetuta.

A chi fare il coming out?

Fondamentalmente, a chi ti pare. Ci sono persone alle quali ho detto di essere asessuale, ma non è una cosa che tendo a “scrivere sul campanello di casa”, come si dice. Anzi, per mia enorme sorpresa, mi sono accorto che non avevo nessun interesse a fare coming out con la maggior parte delle persone. Non mi nascondo, certo, se lo vengono a sapere pazienza, ma non mi metto davvero a discutere di certe cose con loro.

Fare coming out con certe persone, può essere dannoso.

Con altre, è semplicemente inutile.

 

Il coming out asessuale, di solito, non viene mai preso bene. Un po’ per scarsa informazione sul tema, un po’ per pura stronzaggine dell’interlocutore, abilmente mascherata da scarsa informazione sul tema, la persona asessuale che fa coming out, si ritrova, di base, davanti a due reazioni. Entrambe negative.

La prima è l’invalidazione del coming out, fatta dall’interlocutore15, che cerca di convincerti che non è vero che sei asessuale (ti stai informando da mesi, ma nulla, da quell’orecchio non ci sente), lo dici perché hai avuto un trauma da piccolo, o stai aspettando la persona giusta. Per questo tipo di persone, come dice Julie Sondra Decker, nel suo libro “The Invisible Orientation16”, il fatto che una persona che si è appena definita asessuale, lo sia davvero, è qualcosa alla quale arrivano “per esclusione”, riconoscere l’asessualità è solo l’ultima ipotesi . Se riesci a dimostrare all’interlocutore che non hai avuto un trauma, eccetera eccetera… allora, forse, puoi essere asessuale davvero. Ma è come per noi i vegani. Poi tornano alla carica con la storia dell’isola deserta popolata da mucche e maiali venuti da chissà dove.

La seconda reazione, che di solito viene fatta dai genitori è il tentativo di normalizzazione. Di solito comprende svariate visite da uno psicologo e paternali infinite sul “trovare qualcuno” e “farsi una famiglia come fanno tutti”, “poi vedrai ti piace”17.

A parte il fatto che non sta scritto da nessuna parte che una persona asessuale non possa avere una famiglia, ma bisogna mettere bene in chiaro una cosa: chi lo ha detto che quello sia il modello unico da seguire per avere una vita? Ci sono, al giorno d’oggi, decine di modi di vivere la propria affettività, e sono tutti validi.

E se la mamma, o chi per lei, riconosce solo un tipo di famiglia, e pretende solo quello, tramite cure mediche, il mio modesto consiglio è fare un corso di studi della durata di una ventina di anni in un luogo con scarsa ricezione cellulare in Nepal18.

 

Questo, non vuol dire che non si debba fare coming out, o che tutte le reazioni debbano essere per forza negative. Il coming out, è un atto “politico”, serve ad affermare la propria esistenza, è un gesto di liberazione personale, di sfida alla normatività imposta, e, anzi, tramite il nostro affermare la nostra differenza, facciamo vedere che una normatività, o una normalità, come la chiamano molti, semplicemente, non esiste.

Significa dare corpo a ciò che si è veramente, rifiutando i modelli e i ruoli imposti.

Il coming out, è un gesto che ci fa conoscere meglio dalle persone che ci stanno vicine19.

 

Una nota: l’outing, è un’altra cosa. Spesso i termini coming out e outing vengono usati come sinonimi, ma fare outing a qualcuno, significa rivelare quello che è il suo orientamento. Di solito, viene fatto per screditare questa persona. Va da sé, che fare outing a qualcuno, sia da stronzi.

 

C’è poi un coming out che una persona asessuale deve fare, e che non viene mai preso in considerazione, ma, spesso, è il più difficile da affrontare: quello con il/la potenziale partner.

Una persona asessuale, nonostante quello che ne pensi la mamma, ormai lasciata da tempo per andare in Nepal20, ha una vita sentimentale, sempre che non si tratti di una persona aromantica e che in cima a una montagna non ci sia andata sul serio.

Sono difficili le unioni tra asessuali, un po’ per il fatto che siamo pochi, un po’ per il fatto che non si è sempre asessuali “al 100%”21, un po’ per il fatto che siamo asociali cronici, tanto per non usare degli stereotipi che odio, quindi la maggior parte di noi che è in una relazione, è impegnata in una cosiddetta “coppia mista” nella quale solo uno dei due è asessuale.

A questo punto, nasce il problema: la cosa va detta al potenziale partner, ed è bene farla sapere appena la cosa si inizia a delineare, per evitare altri momenti che potrebbero essere imbarazzanti per entrambi.

Anche in questo caso, le reazioni possono essere molteplici22. E non sempre favorevoli e comprensive.

 

Chi volesse un’altra guida un po’ meno pessimista al coming out asessuale, può leggere 8 suggerimenti per fare coming out come assessuale.

 

Alcune parti di questa “guida” al coming out asessuale, sono tratte da un podcast fatto dal nostro collettivo lo scorso marzo.

 

Note:

1 Pierce odiava il termine drag-queen, per quanto fosse quello che si intende con “drag queen”…

2 Diciamo, in certe aree di alcune città americane, per essere più realisti.

3 Sarebbe “guardaroba”, o “armadio a muro”. Ma “uscire dall’armadio a muro”, fa un po’ strano, e “ripostiglio” mi suona meglio. Alcuni traducono solo “armadio”, ma credo che sia errato, per quanto qualcuno faccia risalire questo modo di dire al nostro “togliere gli scheletri dall’armadio”, e allora sarebbe giusto “armadio”. Insomma: vuol dire uscire da un posto chiuso che sta in casa.

4 Non voglio dire quanti anni abbia, ma diciamo che quando ero in terza elementare, la religione, a scuola era ancora materia obbligatoria.

5 Nei film, le mamme la prendono sempre bene, i padri sono un po’ stronzi, ma poi ci ripensano.

6 Nel caso della figlia, lo aveva già intuito, le mamme dei film lo intuiscono sempre delle femmine.

7 Uso il maschile, giusto per identificarmi e per poter essere accusato di sesssismo che è una cosa che mi fa sempre piacere.

8 O la figlia, ve lo concedo. Ma niente persone trans o non binarie. Qualcuno dovrà pur odiarmi.

9 A parte le canne, che sono una sua supposizione, per quanto azzeccata, nella maggior parte dei casi. E qui, di solito, i quarantenni escono dicendo “io non me le facevo, le canne”. Certo, va a finire che di tutta la mia generazione, ero l’unico. E anche a vedere i Prozac+ ci sono andato da solo, certo. Prima o poi, la mia generazione dovrà fare i conti con i crimini del suo passato e smetterla di nascondersi dietro frasi come “lo facevano tutti”, “era di moda”, “ho solo obbedito agli ordini”. Però, “Non è la Rai”, non lo guardavo. A mia discolpa, almeno quello…

10 Freud sul mio rapporto con la figura materna, avrebbe avuto molto da dire.

11 Esiste un libro che si chiama “la rivoluzione asessuale”. Per usare un largo giro di parole, è una porcheria. Da evitare come la peste, sempre per il mio modesto parere.

12 Nella migliore delle ipotesi. Non mancano maniaci, collezionisti di vinili e i temuti giornalisti.

13 Per chiarezza: non esiste un articolo del genere, anche se ci siamo andati vicini.

14 Una cosa del genere, invece, ahimè, è stata pubblicata da Tempi (parlandone da vivo): https://www.tempi.it/asessuale-e-il-nuovo-genere-che-minaccia-la-vita#.Wz1QBtIzaUk

15 Noto solo adesso che sto utilizzando il maschile anche per l’interlocutore. Devo stare più attento.

16 Il fatto che il titolo sia linkato alla pagina di Amazon, potrebbe sembrare un invito, ad acquistarlo, e, sorprendentemente, lo è. È, forse, il migliore libro per avvicinarsi all’argomento. Naturalmente, è scritto in inglese. Avessi avuto un euro per ogni volta che lo ho consigliato, adesso, avrei un migliaio di euro che non fanno proprio schifo.

17 La lista è enorme, è sempre in crescita, e verrà trattata in un articolo a parte. Sembra che la gente abbia una fantasia particolare nello scoprire ogni giorno delle cazzate nuove.

18 O, almeno, dite così in casa, prima di sparire da quella famiglia che vi ritrovate. Tanto ci credono.

19 E serve anche a conoscere meglio le persone che sono vicine a noi. Io ho fatto coming out abbastanza tardi (a 37 anni, prima non si parlava di asessualità), e mi sono ritrovato con reazioni sorprendenti. L’amico ultras della curva, che fischiava dietro alle donne, ha capito perfettamente di cosa parlassi, l’altro, impegnato politicamente a sinistra, e “progressista”, continua, dopo anni, a parlare di una “fase”.

20 Di questo sembra che si sia convinta e ne parla alle amiche.

21 Questo farà storcere il naso a qualche purista, ma, anche qui, è per capirsi.

22 Se non si fosse capito, l’autore è aromantico, e non si è mai trovato in una situazione del genere, quindi sa un cazzo lui, per concludere citando Karl Popper. Ogni contributo in materia è gradito. Gratis.

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