Attenzione mediatica e asessualità: Stiamo veramente migliorando?

Ed eccoci qua, di nuovo, al centro dell’attenzione mediatica. L’asessualità viene nuovamente messa sotto i riflettori. Questa volta siamo su Focus, una rivista con uscita mensile, scritto da Simona Regina e presente nell’edizione di febbraio di questo anno. Il titolo recita:

“Quelli che non lo fanno… il sesso non li attrae, anzi li ripugna un po. Però si amano: stanno in coppia, non in “quel”modo. E a loro va bene così.”

Ho pensato molto prima di stendere questo articolo, come proporlo e come impostarlo. Alla fine ho deciso di dividere in punti gli argomenti trattati dallo scritto della giornalista.

 

Il sesso

Ovviamente il primo aspetto che viene portato alla luce è il sesso. O per meglio dire la mancanza di attività sessuale. Per chi ci segue già da qualche tempo è a conoscenza del fatto che asessualità non è sinonimo di disinteresse verso il sesso, lo stereotipo della persona asessuale esclusivamente sex-repulse dovrebbe essere ormai lontana. Per molti però, il fatto che una persona asesuale non abbia avversione verso il sesso, continua ad essere una contraddizione. Il comportamento sessuale, ovvero il modo in cui una persona vive la propria sessualità, non è connessa all’orientamento sessuale quindi questo aspetto della asessualità non è assolutamente da sottovalutare o da screditare.

 

Non necessariamente ad una persona asessuale ripugna il sesso. Alcuni lo fanno e i motivi sono molti e non solo, come si sottolinea nell’articolo, per assecondare i desideri della persona sessuale con cui ha una relazione. L’asessualità è molto più variegata di questo e non basta specificare:

” (…) chi fa sesso per assecondare  i desideri del partner del compagno\a (se non asessuale), chi finisce con il provare attrazione per l’altro dopo aver sviluppato un legame di coppia molto profondo, e chi pratica l’autoerotismo.”

Ecco come riassumere in modo eccessivamente  vago un orientamento pieno di sfumature. Demisessualità e A-grey non sono nemmeno citati per caso anche nel caso dei primi, almeno concettualmente, sono stati inseriti nell’articolo.

 

Il romanticismo

Molte persone  si fissano molto su questo punto. Il fatto è che questa è una delle argomentazioni per normalizzare l’asessualità: Non fanno sesso ma amano lo stesso. Si aprono intere diatribe solo su questa affermazione, persone che non credono possa esistere amore senza sesso che cercano di contestare la sola idea che possa esistere un orientamento sessuale che non implichi attrazione sessuale. Forse è a causa di questa presa di posizione di molte persone che molti giornalisti scrivono di asessualità concentrandosi su questo aspetto, non per portare informazione ma per cercare di far entrare nella “normalità” un orientamento che ancora non viene capito pienamente.

 

Il modo di intendere il romanticismo attualmente si è abbastanza esteso. Non esiste più un concetto netto ma tutta una serie di sfumature, che non hanno a che fare con la visione di romanticismo di venti o trenta  anni fa. L’articolo si Focus si sofferma solo su un romanticismo un po datato, escludendone altri come l’aromanticismo o il poliromanticismo.

 

“Non è una malattia”

C’è una attenzione morbosa su questo punto: vengono chiamati medici, scienziati e studiosi che affermano che l’asessualità non è una malattia. Questo rientra nel tentativo di “normalizzazione”. Se lo dice un medico possiamo crederci che non è una malattia. Per questo vengono elencati studi, fra l’altro principalmente non europei e questo dimostra quanto poco venga riconosciuta l’asessualità in Italia, in cui si afferma che la risposta fisica di una persona asessuale non è differente da quella di una persona eterosessuale.

Specificatamente riguardo a questo articolo, quando si arriva a parlare di questo, la giornalista si comincia a rivolgersi alle persone asessuali in modo “simpatico”:

Questi “indifferenti”

A quelli come Daniel

Questa cosa mi ha turbato parecchio. Si cerano in questo modo delle categorie e differenziazioni escludenti. Si creano delle sezioni inesistenti. Alla fine della fiera siamo persone con orientamenti sessuali differenti l’uno dall’altro, non credo ci sia bisogno di cerare, attraverso un linguaggio così specifico, una frattura fra persone con diverse sfumature.

 

Sicuramente questo articolo non è uno dei peggiori che possiamo trovare su internet ma non è nemmeno il migliore. Siamo ancora alla fase “normalizzante”. Purtroppo molti orientamenti sessuali sono passati da questo tipo di  rappresentazione e l’asessualità non fa eccezione. Forse se smettessimo di guardare il prossimo come qualcosa da far rientrare in un concetto di normalità apparente, forse, cominceremo a vederci come esseri capaci di rappresentare una serie di caratteri inter-sezionali e non più degli stereotipi sterili.

 

Thuban

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