IDGAF: una webserie sull’asessualità

IDGAF, o, per esteso, “I Don’t Give a Fuck”, che, dato il contesto, potremmo tradurre in italiano, prese le dovute distanze, come “non mi interessa un cazzo” è una nuova webserie che tratta la storia di due amiche: Maya e Jasmine che sono “all’opposto” (secondo l’autrice) per quello che riguarda l’orientamento, e soprattutto l’attività, sessuale.

Maya è un’asessuale che non manda niente a dire, che deve lottare contro le pressioni che le vengono fatte per essere sessualmente attiva e che riesce a sentirsi tranquilla soltanto quando parla con gli amici online.

Jasmine, dall’altra parte, è una donna forte ed indipendente che si definisce sex positive, pansessuale ed aromantica, che vuole esprimere la sua sessualità come e quando le pare, cosa che la fa diventare oggetto di critiche da parte degli uomini che frequenta e della sua famiglia.

Seppure si trovino ai due estremi dello spettro sessuale, dice l’autrice della serie “le loro storie mostrano come la società e le sue comunità etniche tradizionaliste (entrambe appartengono a minoranze di questo tipo ndA) le ostacolino per voler essere quello che sono realmente”.

“La ragione principale per la quale è stata creata questa serie –prosegue l’autrice– è per dare visibilità ad un orientamento che è solitamente sottorappresentato. Todd, nella serie Bojack Horseman è sicuramente un buon inizio, ma noi dobbiamo assicurarci che la rappresentazione avvenga in modo intersezionale, mettendo all’attenzione più storie dalla prospettiva delle persone di colore, e di genere non binario”.

L’autrice e regista della serie è Victoria Kee, 25enne residente in Virginia, che, dopo avere iniziato a definirsi demisessuale lo scorso anno, ha iniziato a fondere elementi della propria identità sessuale con quelli che usa regolarmente nel suo lavoro di documentarista.

Complimenti all’autrice ed agli attori, rappresentare gli asessuali nei media è sicuramente una gran bella cosa. C’è solo, se mi si può permettere un piccolo appunto, una piccolissima nota stonata: i mestieri dei due personaggi: Maya lavora in una casa di produzione e Jasmine fa la programmatrice, ma prova a sfondare come scrittrice. Onestamente, non farebbe male vedere un asessuale che fa l’ortolano o che lavora in Comune, perché esistono. Così di rischia di far passare l’asessualità come un vezzo che solo le persone che vivono in certi ambienti possono avere, mentre sono proprio “gli altri” ad averne più bisogno. Il lavoro fatto su base etnica da Victoria Kee è ottimo (fino ad adesso gli asessuali erano solo bianchi), ora servirebbe ripetere lo stesso concetto anche dal punto di vista sociale.