Contro la friendzone

Imporre nomi alle relazioni è problematico, specie se lo si fa con criteri improntati alla sacra triade della “normalità” e della normatività relazionale: allonormatività, eteronormatività, amatonormatività (1).

La relazione, l’unica vera è quella di coppia, etero e monogama, tendenzialmente “per la vita”, anche se questo assunto poi si scontra con la realtà. Ma quello che sembra davvero impermeabile al mutamento è la costruzione gerarchica delle relazioni, con al vertice il rapporto romantico di coppia, traguardo obbligato nella vita di ogni essere umano, che altrimenti è destinato a rimanere incompleto, e per questo criticato e/o compianto. E naturalmente l’amore per essere tale deve avere una sua componente sessuale, altrimenti “la coppia ha un problema”.

Tutto il resto, tutte le relazioni al di fuori di questo schema appartengono di default a una categoria residuale, a cui viene applicato il nome di amicizia, in senso riduttivo, e rimarrà sempre ai gradini bassi della scala gerarchica relazionale.

E’ chiaro che le persone aromantiche e asessuali, se si applica questo schema, non hanno spazio e non l’avranno mai. Sono anomalie che minacciano la coerenza del sistema.

Ottima cartina di tornasole per capire quanto è incistato nella società questo schema escludente è il concetto di friendzone, che viene per lo più accettato con un sorriso, come una cosa simpatica, e in realtà è sintomo di una concezione autoritaria e normante della vita sociale. Quando un discorso oppressivo diventa “umorismo”, è segno che siamo molto lontanɜ dalla risoluzione del problema.

Se la friendzone serve a tenere lontane le persone che non si ritengono degne degli unici rapporti seri, quelli di amore e di coppia, l’individuo asessuale e aromantico, quello che d’ufficio può essere “solo amico”, sarà sempre qualcuno a cui manca qualcosa, e che non si affrancherà mai dagli ultimi gradini della scala relazionale. Chi è aro-ace vede se stessə attraverso le lenti del sistema che nega la sua identità, e rischia di vivere una forte alienazione, perché il suo modo di volere bene, di creare legami, viene bollato con un termine vago e riduttivo, amicizia, e relegato a relazione di serie b, al punto da essere utilizzato come metodo per “disinnescare” eventuali corteggiamenti. Forse chi sta leggendo queste righe ricorda di quando, per “essere normale”, si è forzatə di incanalare nella via dell’attrazione sessuale/romantica l’interesse, l’ammirazione e l’affetto che provava per un’altra persona, di cui però non riusciva a dirsi “solo amicɜ”, e magari non è andata bene.

E se provassimo invece a vivere le nostre relazioni senza metterci un nome, o mettendoci il nome che vogliamo noi, e non quello imposto? E se lasciassimo alle persone coinvolte il diritto di stabilire l’intensità della propria relazione, senza inserirla in una scala gerarchica precotta e fatta di luoghi comuni?

Relazione, al di là del vivere insieme, dell’avere rapporti sessuali, dell’usare frasi romantiche, dell’ostentare esclusività, è il piacere di riconoscersi a vicenda, di progettare qualcosa, di prendersi cura l’unə dell’altrə, per qualche minuto o per anni, e soprattutto è definire insieme il contenuto del proprio rapporto, che può iniziare, finire, cambiare, moltiplicarsi.

Smontare il concetto di friendzone, e la gerarchia relazionale precotta che si porta dietro, significa aprire la serratura della gabbia che ci impedisce di essere felici. Non siamo “solo amicɜ”, siamo compagnɜ di viaggio, e la velocità, il mezzo e la destinazione di questo viaggio sono cose che vogliamo decidere noi.

(1) Si tratta di termini che indicano la tendenza sistemica a stabilire una norma nei comportamenti sociali e a utilizzarla come parametro di giudizio, considerando tutto il resto come una devianza. Nello specifico, l’eteronormatività è costruita attorno alla “normalità” dell’eterosessualità, l’allonormatività si fonda sulla presunta normalità dell’attrazione sessuale (allosessuali sono le persone non ace), e l’amatonormatività fa riferimento alla normalità dell’attrazione romantica. Il sistema in cui viviamo è profondamente condizionato da queste costruzioni ideologiche escludenti.

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