Anoressia sessuale? Si “cura” con lo “stupro soft”

Una testata online trova la “cura” contro la “anoressia sessuale”: lo “stupro gentile”. Se il giornalismo è lo specchio di un Paese, siamo messi benino.

Un articolo discutibile

“Rimini Today”, lo scorso 25 novembre, ha pubblicato un pezzo che porta l’autorevole firma della nota penna locale “Redazione”, nomignolo usato probabilmente per guadagnare la miseria che viene pagata al giorno d’oggi ai giornalisti1 senza fare una galattica figura di merda scrivendo il proprio nome su un articolo del genere, che trattava di un presunto disturbo chiamato “anoressia sessuale”.

Cosa è, si chiederanno i nostri lettori l’anoressia sessuale? È quando “a lei non gli2 va”.

Perché in Italia, terra di santi, navigatori, poeti e presunti maschi da monta, l’uomo ha i suoi diritti. E la donna i suoi doveri.

Specialmente, poi nella riviera romagnola, laddove i Cesari nostrani, perlopiù bagnini, tenevano alto l’orgoglio della virilità latina su schiere di svedesi che, ormai diciamocelo, venivano a Rimini per quello.

Come può sentirsi, dunque, il maschio italico, quando la propria donna si nega? Al momento in cui lui torna a casa, stanco dal lavoro, laddove la donna di oggigiorno si è trastullata fino ad allora con passatempi propri femminili (tipo lavorare anche lei) e non solo lui trova roba da mangiare che fa pena, gli viene chiesto anche di fare robe poco virili come sparecchiare la tavola, e poi non può neanche soddisfare i propri bisogni residui?

Unica alternativa: una “cura” per la “normalità”

Cosa fare dunque, se lei proprio dice “no”? Certo, Rimini Today non scrive che è un diritto dell’uomo quello di portare la propria donna in un fienile e strapparle le mutande con la forza. Questo non lo dice nessuno. Ancora.

Perché l’articolo non pone nessuna alternativa al risolvere “la paura delle relazioni interpersonali che sono invece necessarie per poter condurre una vita soddisfacente” in quel modo. Per loro “è possibile superare la condizione di anoressia sessuale con l’aiuto di un terapeuta esperto in tecniche cognitivo comportamentali e con l’esposizione progressiva agli stimoli temuti”.

Quindi: la signora in questione, poco portata ai rapporti con il partner (perché qui, si parla solo di persone cis-etero in coppie monogame) può rivolgersi ad un professionista che, con l’aiuto della psicologia moderna, potrà convincere la riluttante signora che sia una buona idea strapparsi le mutande da sola.

L’articolo, forse scritto da una di quelle persone che continua a sostenere che l’educazione all’affettività nelle scuole non serva e che sia una cosa cattiva che si chiama “gender”, non pone altra alternativa alla “anoressia sessuale”, che non una “cura” per “tornare” alla “normalità”.

Si può applicare anche alle donne che non vogliono rapporti con uomini semplicemente perché lesbiche?

Cara “Redazione”, non rispondere. Sarebbe imbarazzante sapere quello che pensate davvero.

Lo “stupro matrimoniale” ed il caso indiano

Quello del cosiddetto “stupro matrimoniale”, o comunque quello delle pressioni (certe volte anche oltre il lecito) affinché venga consumato un rapporto sessuale che una delle due parti ritiene “lecito” è uno dei grandi argomenti che la comunità asessuale deve affrontare.

Sono infatti troppe le persone che devono o svilirsi per conservare il proprio rapporto sentimentale, o finire per essere etichettate come “frigide” le donne ed “impotenti” gli uomini.

In India, per esempio, la comunità asessuale si è sviluppata attorno al lavoro della dottoressa Pragati Singh. Il lavoro del suo gruppo “Indian Aces” si è sviluppato attorno a quelle donne che, essendo state “forzate”, in qualche maniera, a sposarsi, vedevano con terrore il fatto di dovere avere rapporti sessuali con il marito.

In India, quindi , la “questione asessuale” è un argomento molto vicino agli ambienti femministi, dove si parla di relazioni e di rapporti familiari, più che di orientamento e di identità da portare nei gruppi Lgbtqia+ (per quanto questa parte esista e sia importante anche là).

Forse potrebbe essere una buona idea introdurre queste tematiche all’interno del dibattito sui diritti delle donne anche qui.

Personaggi come “Redazione” non sono isolati, e quella “cura” non può essere l’unico modo per risolvere un problema.

Che poi è il problema di qualcun altro.

1 Cosa che non giustifica il fare disinformazione, o, per meglio dire, informazione alla “cazzo di cane”, che forse è anche peggio: la disinformazione, almeno, ha un fine.

2 Si nota che l’ho fatto apposta, vero?

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