Asessuali su misura: come togliere la parte che dà fastidio.

Mi è stato segnalato un articolo che parla di asessualità su un giornale on line, il “Secolo Trentino”.

Devo dire che, rispetto alla media degli articoli che appaiono sulla stampa “generalista” (ma anche a quella di area Lgbtqia, purtroppo), il lavoro svolto da Antonella Gioia, è stato fatto correttamente: è un bel lavoro.

È vero che, quando si parla di asessualità, i media tendono, non so perché, a togliere un pezzo della questione. Per dirla con parole di un amico, le persone asessuali vengono viste come dei simpatici animaletti pucciosi che non fanno sesso, ma che si fanno tante coccole, si vogliono tanto bene e che sono inoffensivi.

Soprattutto, negli articoli sulla stampa, e parlo in generale, non si nota una parte, che io ritengo importante, della nostra esperienza: si mostrano le persone asessuali sempre come persone sole, isolate, che quasi mai si uniscono, al massimo si trovano su un forum americano.

In realtà, politicamente parlando, stanno nascendo gruppi asessuali, negli ultimi anni. Una potrebbe essere l’associazione che gestisce questo blog. È una piccola associazione indipendente che ha fatto parte degli organizzatori dell’ultimo Toscana Pride. Poi, possiamo parlare Gruppo Asessualità dell’Arcigay di Milano, quindi parte di un’associazione che non è esattamente l’ultima tra le nell’ambito Lgbtqia. E stanno nascendo altre presenze asessuali, all’interno delle associazioni e all’interno dei gruppi universitari.

Ma di questo, non si parla quasi mai.

E, di conseguenza, non hanno molto più successo le nostre partecipazioni ai pride, e agli incontri delle realtà di area. Solo quest’anno, le associazioni asessuali italiane hanno preso parte, talvolta anche come organizzatori, a quattro sfilate, e non ricordo più a quanti incontri nelle associazioni Lgbtqia.

Come non si parla della composizione della comunità asessuale italiana. Dalla stampa sembriamo tutt* etero e cisgender. Addirittura, recentemente, abbiamo proprio avuto un invito per una nota trasmissione televisiva che dovesse riguardare “una coppia uomo-donna asessuali”.

Qualche mese fa abbiamo condotto un simil censimento, senza nessuna voglia di studiare la questione alla virgola, giusto per vedere un po’ come sono messe le cose.

Ebbene, un dato sul quale nessuno si interroga è quante persone asessuali siano, in realtà cisgender e eteroromantiche.

Dal nostro piccolo sondaggio, emergeva un dato che dovrebbe far riflettere quando si parla di questa comunità: circa un terzo delle persone asessuali si definiva contemporaneamente cisgender e eteroromantico. Solo un terzo del campione corrispondeva all’immagine di noi data dalla stampa. Possiamo dubitare della precisione di questi dati, e proviamo a ribaltarli: sarebbe sempre una fetta considerevole.

Il fatto che due terzi della comunità, o almeno, di chi ha risposto, non si dichiarino cisgender o attratti dal sesso opposto, significa che la “A” di asessuali non è solo un “vagone” del famoso “acronimo” Lgbtqia, ma ne è parte sia come asessuali, sia come persone omo, bi, pan e poly romantiche, sia come persone transgender.

Non ho mai letto una riga, mai sentito in una trasmissione una parola sulle persone asessuali transgender. Né sul fatto che molte persone asex non cerchino l’amore della propria vita, ma siano aromantiche. E altre vivano relazioni di non monogamia etica.

Mi sembra che quando la stampa parla di noi, ne “dimentichi” sempre un pezzettino. E sempre lo stesso.

Tornando all’articolo in questione, un dubbio mi viene. Visto che, secondo quanto affermano, “la testata si pone come obiettivo quello di fornire ai propri lettori una visione sovranista, in netta contrapposizione alle logiche globaliste post-contemporanee”, per porre “l’accento sulla valorizzazione delle radici culturali della nostra Patria”.

Allora, il dubbio ti viene, e non è un bel dubbio: che l’articolo voglia cucirci addosso un vestito, tagliando via i pezzi non graditi, rimettendo un po’ a posto quanto è possibile, ma usando per questo le nostre vite, o meglio, solo le parti delle nostre vite che non contraddicono l’assioma del “radical chic con l’attico e il Rolex”, del quale sono pieni gli articoli di questa testata.

L’articolo scritto da Antonella Gioia, è un buon articolo, ma incompleto. Manca giusto la parte che non piaceva, e quindi non è sufficiente, soprattutto con il tarlo di vedere la propria vita usata per essere almeno complice di questo tremendo inizio di un terribile regime liberticida, che sta vivendo il nostro Paese in questi giorni

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