Rai2 e la sua “fabulosa” serata per giovani

Alberto D'Onofrio
Alberto D’Onofrio, regista del documentario

Non sapevo come iniziare quest’articolo. Devo dire di essere rimast* totalmente stupit*. Mi aspettavo che gli argomenti trattati non sarebbero stati approfonditi in maniera eccellente. Ma da questo ad arrivare alla sagra della discriminazione c’è un sacco di strada.

Il documentario “Giovani e sesso” presentato su Rai Due il 18 ottobre 2017 condotto dal giornalista Alberto D’Onofrio si propone, in maniera poco esaustiva e – a detta della descrizione su Raiplay- “privo di ogni tipo di giudizio”, di esporre l’universo dei giovani e la sessualità.

Le tappe del documentario sono -se non sbaglio- almeno cinque. Non mi soffermerò su tutte ma principalmente sulla parte in cui si parla di asessualità. Ma ci sono alcuni punti dopo su cui mi vorrei soffermare, dato che questo documentario è pieno di discriminazioni che sembra di stare ad una sagra piuttosto che su una rete televisiva che si dovrebbe occupare si informazione.

Ma partiamo dall’asessualità e procediamo con ordine.

 

Asessualità e giornalist* poco preparati

Non mi sprecherò mai di dirlo ma la maggior parte dei fraintendimenti che continuano a circolare sull’asessualità sono legati ai giornalisti che, non sapendo nulla di cosa stanno andando ad affrontare, si presentano davanti alla persona da intervistare e comincia a sparare le solite quattro domande messe in croce.

E si può dire che questo documentario non fa eccezione.

La cosa più evidente è che nonostante D’Onofrio abbia cercato di condurre le interviste senza nessun tipo di  giudizio, è che il suo giudizio è ben orientato. Inoltre nel caso dell’asessualità sembra sia arrivato sprovvisto delle informazioni base necessarie ad affrontare l’argomento.

Introducendo la parte del documentario sull’asessualità, infatti si sente di sottofondo una voce che descrive le persone asessuali come “non interessate al sesso”.

Qui parte il primo cartellino giallo: SBAGLIATO. L’asessualità significa “non provare attrazione sessuale” e non c’entra nulla con il comportamento sessuale. Sara, la persona intervistata, spiega in maniera accurata la definizione di asessualità e mantiene una calma invidiabile. A Questo punto il giornalista fa la solita domanda, un po imbarazzante e alquanto fuori luogo, sulla diversità di significato fra asessuati e asessuale. Non è nemmeno una domanda ingenua e proprio una domanda retorica che non cerca una vera e propria risposta.

Molti asessuali che si saranno trovati in una situazione del genere sanno quanto sia discriminatorio sentirsi dire una cosa del genere. E non veniamoci a raccontarci che il giornalista l’ha fatto per chiedere spiegazioni, la domanda del giornalista è decisamente retorica, e non ha mirato ad approfondire nulla. Questa è una domanda buttata lì, che sembra non servire a nulla ma che tradisce il fatto che il giornalista è ben orientato a fare determinate scelte narrative durante il documentario.

Ma se pensate che i fail siano finiti qui, spiacente deludervi. vi sbagliate. Il giornalista continua chiedendo a Sara se è vergine. Questa penso sia una delle domande che vengono fatte più frequentamene alle persone asessuali, ed è anche questa una domanda abbastanza fuori luogo.

Qui parte il secondo cartellino giallo: In questo caso D’Onofrio cade nel banale, dimostrando nuovamente di non aver letto abbastanza sull’asessualità da poter essere in grado di sostenere un’intervista. Qui vorrei aprire anche una parentesi, per le persone asessuali che si trovano davanti persone che richiedono tale informazione. Non siete obbligat* a rispondere se non volete farlo. Questa è la classica domanda che ci si aspetta dalla persona impicciona di turno che si vuole infilare nei vostri affari personali, in questo caso quella persona è un giornalista e avrebbe dovuto avere un attimo più di professionalità. In ogni caso siete liberi di esercitare il diritto a non rispondere.

 

L’asessualità, la sessualità e le domande scontate!

Sara
Sara, la ragazza asessuale intervistata

L’intervista continua e si arriva all’argomento che non poteva mancare. Asessualità e sessualità. Abbiamo capito che D’Onofrio si ferma sul banale quindi  è ovvio che saremmo arrivati ad un linguaggio parzialmente scorretto. Acclarato che alcune persone asessuali fanno anche sesso, per vari motivi, e che asessuale non è sinonimo di verginità si arriva alla seguente domanda:

“Fanno sesso assenza averne voglia?”

La risposta di Sara è concisa. Le persone asessuali fanno sesso senza avere attrazione sessuale. al che segue la seguente domanda

“Perché fanno sesso?”

Anche qui la risposta di Sara è impeccabile. Ci sono varie ragioni per cui un asessuale può decidere di fare sesso. Ma quello che mi chiedo io da questa serie di domande è quanto D’Onofrio sappia di sessualità, non intendo in senso stretto del termine ovviamente. Parlo di un sapere che va oltre a dove si incastrano due organi genitali. Queste due domande non mettono prendono in causa nemmeno la libido e l’attrazione sessuale. Mi soffermo sulla cosa perché il termine voglia\desiderio sessuale si lega più al concetto di libido, quindi a livello tecnico linguistico la domanda è decisamente fraintendibile.

Dopo una parte dedicata alla famiglia della persona intevistata, in cui si entra nello specifico delle dinamiche personali della famiglia a di come hanno vissuto il coming out di Sara (l’unico momento, fra l’altro, in cui ho smesso di scrivere ferocemente sul mio taccuino), si torna a parlare di sessualità.

E infine come non parlare di masturbazione e orgasmo! E qui arriviamo al cartellino rosso. Ultimo strike per il signor Alberto D’Onofrio. Ma non vi preoccupate! Intendo l’ultimo sull’asessualità.

Mentre Sara parla in maniera aperta e tranquilla dell’argomento, il giornalista – sempre abbastanza perplesso – e sconfina a chiedere in maniera diretta se la persona intervistata se ha mai sperimentato un orgasmo. Anche qui chiarito il fatto che le persone asessuali non hanno problemi di nessun tipo a livello fisico. Arriviamo, infine, al tanto amato “problema di ormoni” che tanto mancava alla serie di domande invadenti e imbarazzanti!

Concluderei questa parte con un ultima perla di quest’intervista condotta malissimo da più punti di vista. Quella che dimostra in maniera definitiva che il giornalista non era preparato per sostenere un intervista con persone asessuali: durante l’ultima parte dedicata all’asessualità, viene affrontato il discorso con le persone con cui Sara fa attivismo e che sanno del fatto che il suo orientamento sessuale.

Il giornalista rivolto ad una persona che si e definita demisessuale, a cui fa delle domande che all’incirca chiariscono la demisessualità come una torcia rotta, fa questa affermazione:

“Te la capisci meglio la scelta di Sara”

No, Sara non ha fatto una scelta. L’asessualità non è una scelta: è un orientamento sessuale. Nessun orientamento sessuale è una scelta. L’identità di genere non è una scelta. Le persone transgender non hanno scelto di essere tali.

 

La sagra delle discriminazioni non si limita alle persone asessuali

Ma le discriminazioni a livello generale non finiscono qui! Prima di concludere vorrei portare brevemente l’attenzione su altri tipi di discriminazioni o frasi discriminanti che sono state fatte durante il documentario. Perché come già detto, sembra una sagra piuttosto che un documentario.

Nella parte del documentario in cui si parla di Sharin, una modella fetish e mistress, avviene l’impensabile: discriminazione per le persone bisessuali e discriminazione per le persone transgender.

Mentre per le persone bisessuali la cosa si sviluppa male ma si ferma all’affermazione: “si definisce orientamento fluido (parlando di bisessualità)”, chiariamoci non è una cosa di poco conto dato che bisessualità e fluidità sessuale sono due cose diverse.

Per le persone transgender va malissimo. Il padre di Sharin, Giovanni, è fidanzato con una ragazza transgender che si chiama Alessia. Questa ragazza viene chiamata “una trans”, ma solo quando le va bene dato che la sorella di Sharin non si perita a dire “un trans”.

Per chi non lo sapesse è altamente discriminante non usare la parola trans* come aggettivo. Quindi dire “un\una trans*” è discriminatorio.

L’intervista in questo punto si sussegue ad una serie terrificante di affermazioni da parte degli intervistati in cui Alessia viene definita “una non vera donna”. Giovanni arriva ad affermare che sta con questa persona perché non vuole tradire la moglie, morta qualche anno prima, con un’altra donna e quindi si è messo con una persona trans. Questa parte del documentario rispecchia molto la cultura italiana, che è ancora molto indietro, a causa della inesistente informazione sui media più frequentati.

 

Conclusioni imbarazzanti

Questa situazione mediatica che non rende giustizia a nessuna persona arcobaleno è una cosa che deve cambiare. Il New York Times ha appena avviato un progetto per rendere le notizie con un linguaggio equo ed evitare la discriminazione. In Italia ci sono persone che definiscono ancora un orientamento sessuale come una “scelta”.

Siamo alle porte del 2018 e continuiamo a far passare attraverso i media delle informazioni cosi diseducative e fuorvianti che è quasi imbarazzante. Dovrebbe essere la priorità del giornalista, studiare e aggiornarsi sul linguaggio e sule questioni di genere e sugli orientamenti. Sopratutto se poi si è intenzionati a fare un articolo o un documentario che dovrebbe portare senza giudizi una realtà oggettiva.

Ma che ci vogliamo fare. La sagra dei pregiudizi fa più audience e gli stereotipi ledenti sono così “utili” per non approfittarne e fare scalpore. Aggiungiamo pepe nella vita dell’italiano medio!

 

Thuban

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