Cancellare un’identità, non è “oppressione”?

La psicologa Erika Price, ha rivelato in un’intervista al quotidiano britannico The Independent la sua esperienza come persona asessuale, anche se adesso preferisce identificarsi come non binaria.

“È qualcosa -dice- che le persone non prendono troppo sul serio. Mi dicevano che avrei cambiato idea all’incontro con la persona giusta, o che non stavo usando l’etichetta giusta per definire la mia esperienza. Tutte le persone con le quali ho avuto una relazione, mi spingevano per fare sesso, e mi minacciavano di troncare la nostra storia, se non fossi cambiat*”.

Mentre, infatti, negli ultimi anni le persone trans e quelle omosessuali hanno avuto un discreto calo nello stigma associato ai loro orientamenti e alle loro identità, complice un discreto cambiamento del rapporto con i media e con la società civile, gli asessuali non sono usciti più di troppo fuori dal loro ambiente.

Come se non bastasse, si deve aggiungere una costante esclusione, in diminuzione, ma sempre presente, da parte della comunità LGBT.

Tanto per cominciare, la sigla completa LGBTQIA+ che comprende anche le persone queer, intersessuali, ed, appunto, asessuali, viene usata sempre molto di rado, spesso con incomprensioni non si sa quanto casuali, come nel famoso caso di un video pubblicitario di una catena di palestre fatto lo scorso giugno per il pride month.

“Le persone che abbiamo vicino, ci dicono di andare a farci curare da un medico -prosegue Erika Price- per essere aggiustati, da parte della comunità LGBTQ (così nell’originale nda) ci viene detto che noi non apparteniamo alla comunità perché non subiamo nessuna oppressione, e non siamo altro che eterosessuali che cercano di usare le risorse della comunità stessa. Veniamo visti come persone meno interessanti solo e soltanto per il fatto di essere asessuali”.

Può essere vero che noi non viviamo gli stessi pericoli e le stesse discriminazioni delle persone gay, lesbiche, o bi, e neanche quelle che devono subire le persone trans. Ma il fatto di sentirsi dire di andare da un medico, il fatto di avere questa spinta continua per avere relazioni di un certo tipo e che all’interno di queste relazioni ci venga continuato a chiedere di fare sesso.

Quello che fa riflettere, è che esistono asessuali che si escludono per primi, anche loro affermando che non hanno bisogno di essere visibili, perché “non subiscono nessuna discriminazione”.

Ma il solo fatto di essere cancellati come identità (con in più la beffa che questo accade perché non siamo oppressi), non è da sé una discriminazione dalla quale doversi liberare?

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