Quando la povertà è anche una questione asessuale.

Gli studi statistici vedono un problema, la politica no.

Dal recente report statistico sulla povertà della Caritas viene fuori che la povertà è un problema strutturale del 9,4% della popolazione, e se pensiamo che il dato fino a 15 anni fa si aggirava intorno al 3% sono numeri impressionanti.

Il rapporto, tra le categorie prese in esame, come i “genitori fragili”, le “famiglie povere” e i “giovani stranieri in transito”, include anche i “poveri soli”.

I “poveri soli” sono, secondo la Caritas, soprattutto adulti di genere maschile, per lo più tra i 35 e i 65 anni, di età media più alta rispetto agli altri gruppi.

Stiamo parlando di quasi 90 mila persone su circa 227 mila persone ascoltate, con bisogni molteplici se pensiamo ai vulnerabili (il 60% ha bisogni in almeno 3 ambiti) ed è da notare anche la presenza di bisogni di solito a più bassa incidenza (casa, salute, problemi di immigrazione, problemi familiari, solitudine, abusi, maltrattamenti, problemi legati all’ambito detenzione e giustizia) mentre tra i poveri solə ci sono solitamente persone senza figli di età media più alta rispetto ad altre categorie.

All’interno della categoria di nuclei familiari unifamiliari, tra cui possono trovarsi “poveri soli”, ricordiamo che sono presenti anche persone asessuali e/o aromantiche.

Molte persone asessuali e aromantiche infatti sono single o in relazioni non convenzionali che non rientrano nella categoria di famiglia così come viene concepita attualmente dalle istituzioni.

Secondo uno studio di Coldiretti del 2020 le persone single hanno difficoltà maggiori e spese più alte per circa il 78% di media rispetto a una famiglia di tre persone spendendo il 55% in più per il cibo e il 140% per l’abitazione, ma questo dato non interessa a decisori politici che vedono nella famiglia con figli e non nella persona il nucleo della società, e una colpa nel non avere una famiglia (di quel tipo).

Spesso i nuclei unifamiliari vengono percepiti come privilegiati, e si trascurano invece le fragilità ad esso collegati ed evidenziati dai due studi citati, maggiori che in nuclei composti da almeno 2 persone.

Fragilità che, soprattutto nelle fasce di età di chi è in età lavorativa, viene liquidata con “trovati un* partner”.

Inoltre dal governo è stata presentata la social card che prevede un contributo di 382,50 euro per sopperire ai beni di prima necessità ( 1,04 circa al giorno il prezzo di una brioche ) ed è rivolta solo a persone che fanno parte di famiglie “tradizionali” ovvero quelle in nuclei di almeno tre persone, che sono circa 1 milione e 300.

Anche stavolta l’ideologia fa da filtro per la comprensione della realtà, e le misure rispondono all’ideologia e non ai reali bisogni e problemi. 

Purtroppo la narrazione che viene fatta è vedere in difficoltà soltanto le famiglie eterocismononormate e non prendere in considerazione anche le persone single.

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