Minoranze nelle serie tv: celo, celo, mima…

La notizia è positiva: nella seconda stagione della serie britannica “Sex Education”, vedrà la presenza di un personaggio asessuale. Si intuisce qualcosa anche nel trailer della nuova stagione, che sarà disponibile su Netflix il prossimo 17 gennaio.

“Sex education” è ambientato in una scuola superiore del Regno Unito (per quanto molto “americanizzata”, forse di proposito) e narra le vicende dei giovani studenti (e della madre, sessuologa, del protagonista) alle prese con i problemi sessuali tipici dell’adolescenza.

La serie, già nella prima stagione, aveva collezionato un bel po’ di “campioni di minoranze”: dal personaggio omosessuale (e, per giunta, “di colore”, doppietta) amico del protagonista, alla coppia di lesbiche che si rivolgono al “terapista in erba”, Otis, appunto, al bullo che si rivela bisessuale.

Secondo quanto ha rivelato a Radio Times il produttore della serie, Jon Jennings, sarà presente un nuovo personaggio asessuale ed uno tetraplegico, interpretato, sembra, da un vero attore tetraplegico.

Ci sono state, infatti, troppe polemiche, negli ultimi anni, a causa di personaggi transgender non interpretati da attori transgender nella vita reale. Chissà se le stesse persone che hanno sollevato queste polemiche abbiano chiesto al compianto Bruno Ganz di sterminare un continente prima di poter interpretare Hitler.

C’è una sottile via di mezzo tra la cancellazione completa delle diversità e la loro banalizzazione: avere “uno di tutti”, come in un album delle figurine (deve esserci il gay, c’è l’immigrato, c’è, appunto, l’asessuale, la persona con disabilità) non è detto che porti benefici alle persone che di quella minoranza fanno parte.

Una cosa è inserire una narrativa asessuale (o altro) all’interno di una storia che affronta diversi temi, come, ad esempio, il caso del personaggio di Todd Chavez in Bojack Horseman, dove si vede la quotidianità del personaggio. Una cosa è inserire un personaggio soltanto perché asessuale, facendolo diventare uno degli “elementi necessari” affinché la storia sia “egualitaria”.

Un altro punto, poi. Negli anni ’80 e ’90, per promuovere “uguaglianza”, in quel caso dal punto di vista etnico, negli show americani per ragazzi, il o la protagonista aveva, puntualmente, un’amica afroamericana, una ispanica e una asiatica.

Ma la protagonista era sempre quella bianca. Ed il rischio è quello che, nel nome dell’inclusività, si possano legittimare l’eterocentrismo, il sessismo e l’abilismo, relegando le “differenze” sbandierate, a contorno.

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