Caro F., non ho voglia di fare parte del tuo triste gioco

È un po’ il gioco perverso dei social: uno dice una cazzata, giusto per dire una cazzata contro qualcuno, la sua cazzata viene commentata e ripostata, per far notare quanto fosse una cazzata, e chi l’ha scritta (la cazzata), vedendo i like che si moltiplicano, continua sulla sua linea, anzi, moltiplica la cazzata, in modo che si moltiplichino anche le risposte alla cazzata e di conseguenza i like, e di nuovo si rilancia sulla cazzata, della cazzata, della cazzata.

Finché non si fa sera, e il giorno dopo, il fenomeno se ne esce con una nuova cazzata, che colpisca altre persone che possano, potenzialmente, rispondere alla sua cazzata.

A F. non piacciono le persone asessuali. Quindi F. scrive sulla sua pagina Facebook che le persone asessuali sono malate. Da curare.

E alle prime risposte, insiste, e aumenta la dose. E siamo come i pedofili. E poi anche peggio: pontifica arrivando a prescrivere uno stupro correttivo, quale evento traumatico in modo da farci tornare normali.

Il gioco è riuscito: c’è una comunità da poter offendere per ricevere attenzione. C’è chi è diventato ministro dell’Interno, a fare questo gioco, usando migranti, rosari da baciare, lasagne e picchiatori fascisti nei confronti dei suoi oppositori. Per fortuna, al momento, è un ex ministro…

E quando si legge come F. articoli le sue ragioni, il pensiero va a quell’ex ministro.

Ma in privato va anche oltre, minacciando di violenza e mostrando “di cosa avrebbe bisogno” una ragazza asessuale…

Quando il termine politically correct viene messo lì a cazzo o sento Lobby LGBT o dittatura delle minoranze, da una persona che si definisce “attivista gay”, penso a quello strano animale che è il finocchio domestico. Quello che va nelle trasmissioni-cloaca di Mediaset a dire “sono gay, ma sono contro le associazioni e contro i pride”, perché tutto sommato, quello strapuntino di un minimo di “tolleranza” che gli hanno dato, gli basta. Quello che va al congresso delle famiglie di Verona a “difendere” il loro “diritto di parola”, come se avessero avuto bisogno di lui, anziché essere lui ad avere bisogno di quella che, nell’Italia delle leggi razziali, si chiamava “discrimina”.

Oppure al vecchio finocchio di paese, “amico di tutti”, ma si dice ai bambini di stargli lontano.

Meglio ancora, F. mi sembra più l’amico gay. Quello che gli omofobi possono sbandierare tranquillamente e che è il lasciapassare per ogni stronzata omofoba pronunciata. E qui è bene fare attenzione: ci sono forum asessuali in italiano pieni di gente ben felice di diventare l’amico asex di F.

Ma quando associa l’asessualità alla pedofilia, e parla di stupri correttivi, il linguaggio è identico a quello usato dalla destra ultracattolica polacca, dai commentatori egiziani e turchi, dalle autorità russe, dagli estremisti evangelici sudamericani, dai sostenitori delle terapie riparative negli Usa. E quelle parole, le usano contro di lui, se non lo sapesse, il coglione.

Quindi, non farò nomi, né suo, né quello della sua pagina. Gli abbiamo dato anche troppo traffico e siamo stati anche troppo dietro a questo gioco perverso.

F. dice che l’asessualità è una materia da sessuologi: è vero. Collaboriamo da anni, ormai, con alcuni gruppi di sessuologi e psicologi. Io stesso mi sono trovato a parlare di asessualità in questi contesti almeno un paio di volte soltanto l’ultimo anno.

Ed eravamo lì come ospiti.

Per il resto: Maalox, amico?

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