Il sesso è ancora un “obbligo matrimoniale”?
Fino a non troppi anni fa, per riferirsi all’attività sessuale all’interno del matrimonio, si parlava di dovere o, anche, di obbligo matrimoniale.
Erano fin troppi i riferimenti, anche nella cultura popolare, ai matrimoni “non consumati” e quindi “nulli”.
Nel frattempo, l’educazione sessuale ha fatto un po’ di strada, anche se non molta. Ma cosa dice, la legge italiana nel 2017, in materia?
Secondo l’art 151 comma 2 cc: Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.
Tra questi doveri matrimoniali, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione comprende anche l’obbligo di fare sesso col coniuge, pertanto la mancanza di un’intesa sessuale serena ed appagante, così come il mancato accordo tra i coniugi sulla frequenza e sulla modalità dei rapporti sessuali, può costituire una causa di addebito per la separazione coniugale, laddove sussista una colpa ascrivibile ad uno dei due coniugi.
L’astensione dai rapporti sessuali tra coniugi diventa rilevante quando è espressione di un totale rifiuto, disinteresse o addirittura di repulsione di un partner nei confronti dell’altro, costituendo chiaro sintomo della mancanza di comunione di affetti e potendo dar luogo all’addebito della separazione, in quanto espressa violazione delle obbligazioni derivanti dal matrimonio.
Il rifiuto di condurre una normale e sana vita sessuale per dare luogo ad un’offesa alla dignità della persona, comportando pregiudizi sul piano personale e psicologico, deve essere protratto nel tempo ed ingiustificato. È ovvio che in presenza di impedimenti (come, ad esempio, nell’ipotesi di una malattia o di un motivo di indisposizione del coniuge) non potrà discendere alcun addebito della separazione.
Se poi guardiamo anche cosa dice la giurisprudenza della Sacra Rota, il risultato è ancora più agghiacciante: i matrimoni bianchi possono essere dichiarati nulli dal tribunale ecclesiastico, così come quelli in cui i coniugi scelgono sin dal principio di non avere figli (il pianeta ringrazierebbe, visto che è abitato da 7 miliardi di persone).
Alla luce di tutto questo, emerge che c’è ancora una visione arcaica del matrimonio: una volta sposati (non prima, altrimenti siete dei poco di buono, questo vale soprattutto per le donne) dovete fare sesso e dovete fare figli, altrimenti siete inutili alla società. Ci manca solo la reintroduzione della tassa sul celibato voluta nel 1927 da Mussolini, cioè un’imposta maggiore sul reddito degli uomini dai 25 ai 65 anni di età che sarebbe dovuta finire nelle tasche delle famiglie italiane numerose (perché è arcinoto che il ruolo “naturale” degli uomini è quello di fare da bancomat a qualcuno, mentre quello delle donne è stare a casa a sfornare figli), ma la tassa non ha avuto l’effetto sperato, cioè quello di aumentare la natalità.