CEDU: l’attività sessuale non è un “dovere” nel matrimonio
L’idea predominante nella società è che l’amore romantico sia completato dall’attività sessuale. Il primo senza la seconda appare ancora come “difettato” in qualche modo.
Secondo un’indagine del “Pew research center” condotta nel 2016, il 61% degli intervistati riteneva il rapporto sessuale “molto importante” per un matrimonio felice.
Rapporti sessuali regolari sono considerati indici di relazioni romantiche “sane”, mentre la mancanza di sesso è interpretata come rivelatrice di problemi più profondi nella relazione di coppia. Questo, forse, perché il sesso è ancora considerato come la forma d’intimità più completa.
Sarebbe prolisso ribadire in questa sede che l’asessualità dimostra esattamente il contrario.
Tuttavia, è giusto ricordare che quell’idea socialmente prevalente è anche e purtroppo ancora un assunto giuridico in molti Stati.
Praticamente ovunque, il sesso è legalmente una “impostazione predefinita” del matrimonio, tanto che è possibile terminare questo in assenza di una vita sessuale di coppia. In molte realtà, i coniugi possono denunciare al giudice l’assenza di rapporti e, in presenza di determinati presupposti, ottenere il divorzio immediato, senza passare per la separazione.
Inoltre, l’astensione dal sesso può essere una causa di addebito del divorzio.
A tal proposito, è notizia del 23/1/2025 che la Francia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). La sentenza, convalidata dai giudici francesi (quello di primo grado, la Corte d’Appello di Versailles e, infine, la Corte di Cassazione) e impugnata davanti alla CEDU, aveva considerato che il rifiuto di una donna ad avere rapporti sessuali nell’ambito del matrimonio fosse una colpa tale da addebitarle in via esclusiva il divorzio.
La CEDU ha stabilito che continuare ad assumere a livello giuridico il sesso come “dovere coniugale” sia in contrasto con “la libertà sessuale, il diritto all’autonomia corporea e l’obbligo degli Stati di prevenire la violenza domestica e sessuale”; “il consenso al matrimonio non può implicare il consenso a futuri rapporti sessuali. Una tale interpretazione equivarrebbe a negare la natura riprovevole dello stupro coniugale”.
La Corte ha sottolineato che il marito avrebbe avuto altri mezzi a disposizione, per porre fine alla relazione, come il divorzio per alterazione definitiva del legame coniugale; ciò che avrebbe evitato di addurre motivi, lesivi dell’integrità fisica dell’altra parte.
Invece, nel caso in esame, “la Corte non è riuscita a individuare alcuna ragione in grado di giustificare questa ingerenza da parte delle autorità pubbliche nell’ambito della sessualità”.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è un istituito per l’attuazione della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali. Ha sede a Strasburgo, in Francia e, ad oggi, conta 47 Stati aderenti, tra cui anche non membri dell’UE.
Si tratta di una decisione che, forse, costituirà un punto di svolta nell’ambito del Diritto Europeo e che contribuirà all’affermazione su basi più solide del principio, secondo il quale il matrimonio mai può essere assimilato a una servitù sessuale.