Aziende in fuga dall’arcobaleno. Negli Usa, si riduce lo spazio per le politiche DEI (diversity, equity, and inclusion). E la ragione non è soltanto Trump
Per anni abbiamo visto le campagne (spesso anche al limite del patetico) fatte dalle varie aziende in occasione dei pride month, a giugno.
Spesso abbiamo dato a queste campagne il nome di “rainbow-washing”, usare i diritti delle minoranze Lgbtqia+ per ottenere una “rispettabilità”, rassicurare gli investitori, e soprattutto, venire incontro al clima politico degli ultimi anni. dopo tutto, mettere un arcobaleno sul proprio logo non è un’operazione molto costosa.
In questo contesto vanno iscritte le azioni fatte internamente alle aziende, come le politiche DEI (diversity, equity, and inclusion), mirate ad una migliore inclusività, rappresentatività all’interno del luogo di lavoro, e ad una difesa dei diritti delle “minoranze”. Almeno in teoria.
Non c’è bisogno di dire che le politiche DEI e le campagne inclusive fatte dalle grandi multinazionali negli ultimi 10/15 anni, siano state viste come il fumo negli occhi da parte della destra americana, che ha compiuto una vera e propria azione di lobbying.
Uno dei protagonisti di questa “caccia alle streghe” è stato l’opinionista Robby Starbucks, regista fallito e politico mancato noto per indicare al suo mezzo milione di follower su X le compagnie da boicottare a causa delle loro politiche inclusive, e sostiene che le bandiere arcobaleno siano “indottrinamento”, mentre certi pesticidi portassero i giovani ad definirsi Lgbtqia+.
La campagna dell’estrema destra, unita al fatto che questa sta per prendere di nuovo il potere a Washington, sembra riuscita in pieno, e negli ultimi mesi sono state diverse le aziende americane che hanno pubblicamente annunciato la fine delle proprie politiche inclusive, spesso per “non scontentare la propria clientela”. Dove per “clientela” si devono intendere le opinioni della rumorosa e potente estrema destra ultrareligiosa.
Meta, la società madre di Facebook, Instagram e Threads, ha annunciato una serie di cambiamenti radicali alle sue politiche, cambiamenti che arrivano quasi contemporaneamente alla modifica delle regole sui contenuti che consentono agli utenti di esprimere commenti ostili nei confronti delle persone LGBTQIA+, e in modo molto sospetto dopo il cambio della guida alla Casa Bianca.
La società ha deciso di eliminare completamente il suo team DEI e l’attuale Chief Diversity Officer, Maxine Williams, è stata riassegnata a un nuovo ruolo dedicato ad un più generico “accessibilità e coinvolgimento”
Anche per quello che riguarda le politiche di inclusione, l’azienda si sposta verso altrettanto generici programmi che mirano a garantire “pratiche eque e coerenti che riducano i pregiudizi per tutti, indipendentemente dal background”.
Secondo quanto riportato da Axios, ci sarebbero seri cambiamenti anche nelle politiche di scelta dei fornitori: Meta cesserà la politica attuale che vuole una scelta dei fornitori equa basandosi anche sull’appartenenza a “minoranze”, sostituita da programmi volti a sostenere le piccole e medie imprese, giustificando questa decisione come un contributo alla crescita dell’economia.
McDonald’s ha comunicato di avere effettuato modifiche sostanziali alle sue politiche di diversità, equità e inclusione, segnando una discreta marcia indietro rispetto alle strategie adottate negli ultimi anni. L’azienda ha deciso di eliminare le “aspirational representation quotas” (traguardi che un’organizzazione si pone per aumentare la presenza di gruppi sottorappresentati, in particolare in ruoli di leadership o posizioni strategiche), precedentemente fissate.
Finiranno inoltre le politiche che vedevano una serie di obblighi dal punto di vista dell’inclusività da parte dei fornitori per essere ammessi all’interno dell’azienda.
Anche in questo caso, il team che era dedicato alle politiche DEI, sarà riorganizzato in modo più generico e rinominato “Global Inclusion Team”, McDonald’s ha però sottolineato il suo impegno verso l’inclusione come valore fondamentale, che continuerà a pubblicare rapporti annuali sulla composizione demografica dell’azienda e della rete di fornitori anche in assenza di obiettivi formali di rappresentanza.
Secondo l’azienda, questi cambiamenti derivano da un’ampia revisione interna delle strategie di inclusione, che ha incluso un audit sui diritti civili, il coinvolgimento degli azionisti e un confronto con altre aziende che stanno rivedendo le proprie politiche DEI. McDonald’s ha citato il “panorama legale in evoluzione” negli Stati Uniti come una delle motivazioni principali, riferendosi implicitamente alla sentenza della Corte Suprema del 2023 che ha vietato le politiche di affirmative action nelle università.
Walmart è il più grande datore di lavoro privato negli Stati Uniti, ed anche la catena di vendita vedrà “cambiamenti significativi” alle sue politiche DEI. Per cominciare, l’azienda non parteciperà più al Corporate Equality Index (CEI), un indicatore di riferimento per misurare l’inclusività delle aziende nei confronti delle persone Lgbtqia+.
Verranno poi riviste le politiche interne, i prodotti commercializzati e i finanziamenti per eventi dei Pride, “facendo particolare attenzione” a “garantire che i bambini non siano esposti a contenuti sessualizzati inappropriati”. Verrà inoltre eliminato, dopo le pressioni di Starbuck e seguaci, il linguaggio inclusivo, usato finora nelle comunicazioni ufficiali.
“Ogni decisione -ha comunicato l’azienda- viene presa con l’obiettivo di favorire un senso di appartenenza e di essere un Walmart per tutti.”
Orlando Gonzales, vicepresidente senior di Human Rights Campaign (HRC), l’organizzazione dietro al CEI, ha definito Starbuck “troppo radicale persino per il Partito Repubblicano del Tennessee” e ha avvertito che decisioni affrettate come questa potrebbero creare effetti negativi a lungo termine, inclusi boicottaggi da parte dei consumatori Lgbtqia+.
Lo scorso settembre, Molson Coors, multinazionale americana operante nel settore della birra, ha annunciato una revisione delle sue politiche in tema, segnando una significativa inversione di rotta rispetto agli impegni precedenti. Dal 2011, attraverso il programma “Tap Into Change”, l’azienda aveva raccolto oltre 700.000 dollari per organizzazioni LGBTQ+, supportando anche diversi Pride. Tutte queste iniziative risultano adesso “sospese”. L’azienda avrebbe indirizzato i finanziamenti a programmi sulla responsabilità nell’uso di alcol e per l’accesso all’istruzione superiore.
In un memo interno ottenuto da CNBC, la società ha comunicato che anche in questo caso saranno eliminate le “quote di diversità” per i fornitori, giudicandole “complesse e influenzate da fattori al di fuori del controllo aziendale”, affermando però che verrà proseguito il monitoraggio della rete di fornitori “per garantire che questa rappresenti la base dei nostri consumatori”.
Modifiche, in senso restrittivo per le politiche di inclusività verranno effettuate anche nel campo degli incentivi per i dirigenti, mentre verranno eliminati i programmi di formazione basati sulle politiche DEI, in favore di “obiettivi di business principale”.
Anche Molson Coors non parteciperà più al Corporate Equality Index, dove in passato aveva raggiunto un punteggio perfetto di 100 punti.
È dello scorso mese di agosto la notizia per la quale Ford Motor Company ha annunciato una revisione delle sue politiche di diversità, equità e inclusione, segnando in questo modo un cambio di rotta a 180° rispetto all’impegno di lungo corsopreso dall’azienda in materia. Il fatto che queste iniziative siano state prese ben lontane dall’esito delle elezioni USA, significa che, oltre al panorama “elettorale” è proprio la società americana ad essere diventata meno disposta ad accettare le politiche DEI, o per convinzione, o per convenienza, o per paura della potente “macchina da guerra” creata dal partito repubblicano.
Secondo un memo interno trapelato ad agosto, anche la casa automobilistica ha deciso di non partecipare più al Corporate Equality Index, in cui Ford, come Molson Coors, aveva ottenuto valutazioni elevate per decenni.
All’interno del memo, viene sottolineato come Ford non “commenterà più pubblicamente questioni polarizzanti”, spostando la propria attenzione verso argomenti “strettamente legati alla performance aziendale”. A proposito, Robby Starbuck ha dichiarato che Ford “sta finalmente ritrovando una sanità mentale”.
Anche in questo caso, pur continuando a “dichiararsi impegnata nella creazione di un ambiente di lavoro sicuro e inclusivo”, vengono ridotte le politiche DEI interne all’azienda.
Ford afferma di essere “consapevole della diversità di opinioni” ma di voler navigare “in un panorama politico e legale in continua evoluzione”. Ma la scelta di prendere le distanze dalle politiche DEI tenute finora, è stata ovviamente percepita come un segnale negativo verso i propri impegni verso l’inclusione.
Anche Toyota Motor Corp. ha comunicato ad ottobre una revisione delle sue politiche DEI. La compagnia ha comunicato ai suoi dipendenti e concessionari americani che le attività aziendali saranno “riposizionate” su iniziative legate all’educazione STEM e alla preparazione della forza lavoro, riducendo il supporto alle tematiche legate al mondo Lgbtqia+ Anche Toyota si ritirerà dal programma CEI.
Toyota ha giustificato la scelta come una risposta a una “discussione altamente politicizzata” sulle iniziative aziendali di inclusione.
Per quanto Starbuck rivendichi la “vittoria”, un portavoce della compagnia ha dichiarato che la sua azione mediatica ha avuto un effetto “trascurabile”, portando “un centinaio di reclami da parte del personale (Toyota occupa circa 50.000 persone negli USA), e di “pochissimi” rivenditori e circa una trentina di persone che si definiscono “clienti” avevano protestato contro le “politiche woke” dell’azienda.
Altre compagnie che hanno deciso di prendere questa strada sono Tractor Supply, catena di vendita di prodotti agricoli, come l’azienda produttrice di attrezzature per il settore John Deere, Brown Forman, casa produttrice del noto Jack Daniels, l’azienda motociclistica Harley Davidson, e il rivenditore di materiale per il fai-da-te Lowe’s.