Solitudine? No, fantasmi

Devo ammettere di non avere molte perversioni. A parte l’acquisto compulsivo di dischi in vinile e l’album Panini dei calciatori (al quale sto resistendo stoicamente anche quest’anno), ho una vita piuttosto monastica.

Quindi, mi sarà permesso avere, come piccolo atto impuro, quello di leggere i post dell’ex senatore leghista Simone Pillon quando parla di “famiglia”.

Mi sono sempre guardato bene da prendere la cosa sul serio, ovviamente, o dal rispondere alle sue affermazioni che potrebbero fare impallidire anche il più oltranzista degli ayatollah, perché è un gioco social che, per il più delle volte, risulta fine a se stesso.

Stavolta, però, il buon ex senatore, nella sua follia contro i diritti di chiunque, ha involontariamente posto un serio problema.

Riassunto: in una polemica che deve avere fatto con l’attrice Laura Morante (che non ho seguito: anche le mie perversioni hanno un limite) per un intervento di quest’ultima sulle famiglie arcobaleno, Pillon risponde col suo solito rosario di cazzate sulla famiglia “naturale” ed aggiunge che l’alternativa a quest’ultima, sia la solitudine.

Senza volere, Pillon ha sollevato un serio problema politico, in Italia, ma non solo. Perché la maggior parte di quelle persone “sole” non sono “sole” per niente. 

Vengono considerate “single” le persone in relazioni non monogame, i gruppi di convivenza che non prevedono relazioni romantiche, le persone che non vogliono una relazione (ma che per questo non sono “in solitudine”), chi vive relazioni che non prevedano la convivenza, legami non stabili, per finire a quelle coppie composte da persone dello stesso sesso che non sono nelle condizioni di registrarsi palesemente come tali a causa di un ambiente omofobico nelle quali sono costrette a vivere, e persone separate e divorziate che non hanno più una famiglia del Mulino Bianco, ma che vorrebbero averne un’altra.

A queste persone vanno aggiunti coloro che vivono beatamente da soli, senza troppi legami sentimentali e/o sessuali.

Il problema è che le istituzioni (ultimamente in mano a fondamentalisti religiosi come Pillon) cercano di plasmare i cittadini secondo un modello che non rispecchia più la maggioranza dei nuclei familiari, con la retorica del “mamma e papà” e l’arroganza di chi sfida eventuali dissidenti “a fare ricorso”.

Non esiste nessuna intenzione di riconoscere il modo in cui molte persone adulte, consenzienti e nella maggior parte dei casi incensurate, hanno deciso di vivere la loro vita, chiedendone quasi incredibilmente il diritto, senza dovere essere intralciati o essere cittadini di serie B.

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