Credo di essere asessuale. Cosa devo sapere?

Il sesso non è un nemico (né chi lo pratica)

Avere subito pressioni, di varia natura, affinché si avesse una vita sessuale “normale”, può causare un rigetto, sia verso l’attività sessuale, sia verso chi lo pratica.

A questo si deve aggiungere che alcuni mezzi, come i social network, oltre tutti i meriti per aver fatto incontrare persone, hanno anche la caratteristica di incoraggiarsi a vicenda, fare “massa”, e di farla, puntualmente, per le cause sbagliate.

La tentazione di sostenere che “il sesso è una cosa schifosa”, che le persone “non pensano ad altro” e che “chi fa sesso è malato” può essere forte, ed il fatto di poter trovare chi sostiene questa tesi può soltanto peggiorare la situazione.

Essere asessuali non è né una disgrazia né un privilegio. Noi rivendichiamo il nostro “diritto di non farlo” come gli altri devono poter rivendicare il loro.

Inoltre, una persona asessuale non è una persona asessuata: ci sono persone asessuali che trovano piacevole l’attività sessuale, o la masturbazione.

L’asessualità non è la mancanza di pensieri rivolti al sesso, o la castità: è la mancanza di attrazione sessuale. L’orientamento, inoltre, non va mai confuso con il comportamento di una persona, che può avere mille ragioni diverse.

Secondo un sondaggio fatto recentemente sui gruppi facebook asessuali italiani, il 16% dei membri della comunità asessuale italiana ha dichiarato di avere una vita sessuale attiva, sia con il partner abituale, che in altri tipi di relazione.

Sei “unə di quellə”

L’asessualità è un orientamento sessuale strano: non essendoci un “oggetto” di attrazione, è molto probabile che si arrivi alla consapevolezza di essere asex anche non da giovanissimi.

Vivendo in una società eteronormativa, una persona si considera eterosessuale e cisgender “di default”, salvo poi capire di essere altro.

Una persona può essere cresciuta vedendo le minoranze sessuali come qualcosa di estraneo, nella migliore delle ipotesi, soprattutto se ha vissuto la propria adolescenza in tempi o in contesti non favorevoli all’apertura verso chi non rispetta determinati standard.

Soprattutto una persona asessuale eteroromantica, tenderà, quindi, a considerarsi, dal lato sociale, come eterosessuale, quindi con l’accettazione che ne deriva, pure con qualche “distinguo”. È l’errore più grande che si possa fare, perché si va a chiedere riconoscimento a quel mondo che ti aveva messo a disagio fino ad un momento prima per la stessa cosa, e ciò è molto difficile da ottenere semplicemente tramite un aggettivo.

Ma oltre qualsiasi altra ragione, agli occhi di un mondo eteronormato, un coming out asessuale ti ha già messo “sull’altra sponda”, indipendentemente dai modi, tempi eccetera.

Uscire da quel mondo, significa essere minoranza, ed iniziare ad interessarsi di ciò che essere minoranza significa, e di ciò che comporta viverlo sulla propria pelle.

Non si arriva così lontano per poi nascondersi.

Ormai è dato come acquisito il fatto che lo spettro asessuale rientri a pieno titolo all’interno della galassia Lgbtqia+ (dove la “a” sta, appunto, per “asessuali”), e la partecipazione ai pride ed alle altre iniziative dell’area da parte di persone e gruppi asessuali è ormai una pratica consolidata.

Non tutte le persone asessuali sono cis-het

Cis-het, in questo contesto, è l’abbreviazione di cisgender-eteroromantico. Sono le persone asessuali per le quali l’identità di genere corrisponde al proprio sesso anagrafico (cisgender, appunto) e che sono attratte in modo romantico da persone del sesso opposto.

Per quanto i media cerchino di raccontare la comunità asessuale come una comunità essenzialmente cis-het (spesso e volentieri rifiutando le interviste di persone asessuali che non rientrano in questa categoria perché “non vogliamo dare qualcosa di troppo complicato al pubblico”), la comunità asessuale è fortemente variegata al suo interno.

Diversi studi danno la percentuale delle persone non cisgender pari a poco meno di un terzo della comunità.

La percentuale di persone asessuali eteroromantiche arriva a una percentuale poco inferiore. Ci sono persone asessuali aromantiche, biromantiche, panromantiche ed omoromantiche.

È quindi molto difficile far rientrare tutta la comunità in un singolo “esempio”.

L’afobia esiste

La acephobia (o afobia in italiano) è la discriminazione contro le persone asessuali.

Può avere diverse forme: da quelle plateali (come l’offesa, fino ad arrivare agli atti violenti), a quelle più subdole (ad esempio le pressioni che possono essere fatte su chi è impegnato in una relazione con una persona allosessuale per avere rapporti, spesso usando il vecchio adagio secondo il quale “l’uomo ha le sue esigenze”).

Talvolta la acephobia prende le forme della cancellazione o va ad invalidare il coming out asessuale di una persona.

L’invalidazione o, peggio, il tentativo di “cura” dell’asessualità, può arrivare anche da medici e psicologi poco informati, o nei casi peggiori, completamente in malafede.

Può anche darsi che tu non abbia dato il giusto peso a quanto è accaduto ed abbia considerato “normale” ciò che non lo è.

“non mi è mai accaduto”, non significa “non accade”. e neanche che non possa “accadere”.

Questo è il modo peggiore con il quale si invalidano un’esperienza o una narrazione discriminatoria: “non mi è mai successo, o “non sono mai stat* discriminat* in quanto asessuale”

Se non hai vissuto un’esperienza di discriminazione, o non ne sei stato testimone in prima persona, non vuol dire che questa esperienza non debba essere degna di attenzione.

Per far capire quanto sia assurdo questo ragionamento, se non ti fosse mai stata rubata l’auto, escluderesti del tutto che i furti di auto esistano?

Ma non solo: si rischia anche di fare “victim blaming”, dare cioè la colpa alla vittima per un’aggressione subita.

“A me queste cose non capitano perché mi comporto [in un certo modo] anziché in [un alro modo]”. Quindi, per tornare alla stessa similitudine, “a me non hanno mai rubato l’auto perché la metto in garage, ma se tu la lasci per strada, è colpa tua”.

Nessuno difenderebbe così un ladro d’auto in tribunale, e viene stigmatizzato quando si chiede come fosse vestita la vittima di uno stupro, ma lo stesso ragionamento viene fatto per le discriminazioni.

Se si afobia non se ne parla quanto di omo-trans, e meno, di bi-fobia, ciò non significa che faccia meno male.

Trova altri simili

Senza i forum prima ed i gruppi sui social network poi, non ci sarebbe mai stata, probabilmente, una comunità asessuale.

Partecipare a questi gruppi potrebbe essere essenziale per capire cosa significhi essere asessuali, confrontarsi con altri e ricevere consigli ed informazioni.

Ma potrebbe non essere sufficiente.

Se tutto rimane nascosto dietro ad uno schermo (e, in modo peggiore, se il mezzo utilizzato permette di postare in modo anonimo o quasi), il tutto appartiene ad una realtà “distante”, alla stregua di un videogame.

Anche per questa ragione è importantissimo, se possibile, conoscere altre persone asessuali “dal vivo”.

I gruppi asessuali, ma ultimamente anche le associazioni Lgbtqia+, organizzano, su base periodica, degli incontri, o degli eventi all’interno dei quali ci si può conoscere.

Dare ad un nickname un corpo, e magari una vita personale che esuli dal proprio orientamento, rende tutto meno “alieno”, e di più facile comprensione, anche per spiegarlo agli altri.

Se il misterioso “Pippo82” diventa un tranquillo insegnante di scuola media o gestisce una stazione di servizio è meno facile dire che sia “strano”, no?

Un punto di partenza per trovare altri “simili” può essere l’iscrizione al gruppo Facebook “La Comunità degli Asessuali Italiani”

fb.com/groups/asessuali

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