LGBTQIA. Nuove “identità” cercano rappresentanza nella sigla

Trevor ProjectÈ stato un anno piuttosto intenso per il Trevor Project, quello che è seguito alla disgraziata (ovviamente, se vista in ottica LGBTQIA) elezione di Trump alla Casa Bianca.

Basti pensare che il numero di chiamate al Trevor Lifeline, che è l’unico servizio attivo 24/7 per la prevenzione dei suicidi e per l’intervento in caso di crisi per i giovani LGBTQIA negli USA) nelle 24 ore successive alle elezioni è stata ben quattro volte superiore alle 24 ore successive all’attentato di Orlando.

La maggior parte delle persone, dicono, avevano paura di perdere i propri diritti civili.

Dopo un anno, la Lifeline continua a ricevere troppe chiamate rispetto alla media. Le persone esprimono la loro preoccupazione per la sopravvivenza del matrimonio egualitario come per il ritorno delle terapie riparative.

Una cosa che emerge, secondo le testimonianze di un attivista, è come la categorizzazione “a compartimenti stagni” della sigla LGBT (e successivamente LGBTQIA), come si è caratterizzata negli ultimi 20/30 anni, non venga più riconosciuta come sufficiente dalle nuove generazioni.

La sigla, infatti, esclude, a priori, tutte quelle persone che non si riconoscono esattamente con un orientamento. Come rappresentare, infatti, le persone pansessuali? E gli asessuali romantici? I demisessuali, poi, “sono proprio invisibili” nella sigla che dovrebbe rappresentarli, si chiedono i più giovani.

E cosa dire di coloro che si ritengono fluidi, e che possono cambiare la propria identità da un giorno all’altro?

Insomma, mentre, da noi, anche le lettere di seconda categoria (B, T) devono durare fatica per essere considerate da quelle di prima categoria (G, L, in ordine di importanza), e quelle di terza (Q, I, A) vengono sistematicamente ignorate, quando non viene fatto di peggio, stanno uscendo fuori nuove idee per ottenere una maggiore rappresentatività all’interno di questa massa di minoranze, che potrebbe rendere obsoleto il vecchio acronimo, e che potrebbe farci cercare un nuovo nome.

Un’ennesima etichetta da doverci dare, prima che ce la appiccichino addosso gli altri.

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