Sessualità ace
A volte mi sembra che non si parli abbastanza di sesso. Quando faccio discorsi sull’asessualità spiego ‘perché no?’ – perché non vogliamo fare sesso, perché non proviamo attrazione e così via. Per alcuni asessuali questo potebbe esaurire interamente la loro esperienza in campo di sessualità. Ma io mi sento sempre come se stessi tralasciando qualcosa. Nel mio caso credo che quello che separa me dagli allosessuali non sia il mio non fare sesso ma il mio modo di vivere il sesso.
Tutti abbiamo dei motivi per non fare sesso in diversi momenti della vita. Non è una situazione estranea agli allosessuali non voler fare sesso con qualcuno, a volte. Dopo tutto, non abbiamo voglia di fare sesso in qualsiasi momento e con chiunque. A volte preferiremmo fare qualcos’altro. A volte non c’è nessuno intorno a noi che troviamo attraente. A volte preferiamo concentrarci su altre aree della vita. A volte semplicemente non siamo in vena. Non aver voglia di fare sesso non è una situazione misteriosa. Aver voglia di fare sesso, è qualcosa su cui interrogarsi di più.
Perché le persone vogliono fare sesso? È perché trovano altre persone così incredibilmente attraenti da non poter fare a meno di andarci a letto insieme? L’attrazione sessuale è davvero il più importante incentivo a fare sesso? Sicuramente, non è l’unico; le persone sono spinte a fare sesso per molti motivi diversi. Ma l’attrazione è un requisito fondamentale per desiderare di fare sesso? Non avrò la presunzione di rispondere in generale al perché le persone facciano sesso, ma inizierò la mia riflessione con una storia.
Sesso emotivamente sicuro.
Qualche mese fa ho scritto un articolo per un sito di educazione sessuale a proposito della ‘prima volta’. Di primo acchito potreste pensare: ‘perché far scrivere a un’asessuale un articolo del genere?!’ Ma mentre scrivevo, ho trovato che la mia esperienza come asessuale fosse in realtà di aiuto. Potrei non avere una gran conoscenza della parte tecnica del sesso, ma ho tantissimi contributi riguardo la sfera emotiva che circonda il sesso.
Mi ricordo di aver parlato un po’ del lato tecnico dell’educazione sessuale a scuola. Si enfatizzava soprattutto la parte sul ‘sesso sicuro’ eterosessuale. Con sesso sicuro ci si riferisce al praticare attività sessuali prendendo le precauzioni necessarie ad evitare la trasmissione di IST/MST e la possibilità di gravidanze. Questo è senza dubbio un argomento molto importante, ma ho l’impressione che si trascuri il ‘sesso emotivamente sicuro’. Sesso emotivamente sicuro, per me, è praticare attività sessuali prendendo le precauzioni necessarie ad evitare esperienze traumatiche, affinché il sesso rimanga un’attività divertente e positiva. E non ho sentito parlare spesso di questo.
Certo, tutti abbiamo sentito “dovresti andare a letto con qualcun@ solo quando sei pront@”…ma cosa significa? Come si capisce quando si è pront*? Ho sempre l’impressione che si intenda che un bel giorno si attraversa il confine dell’ “essere pront@” e a quel punto si può iniziare ad avere esperienze sessuali. Questo mi fa sentire come un piatto mezzo crudo, come se avessi iniziato il mio percorso nell’industria della sessualità umana, e fossi rimast@ a metà nella catena di montaggio.
Essendo asessuale, probabilmente non attraverserò mai il confine dell’ “essere sessualmente pront@”, sebbene ricerchi l’intimità fisica. Questo mi porta ad avvicinarmi a esperienze di intimità fisica con un bagaglio emotivo molto pesante- non mi sento pront@ per una sessualtà tradizionale, ma molto attratt@ da sentieri alternativi nella ricerca di un contatto fisico.
Credo che il concetto di ‘essere sessualmente pront*’ provenga da una comune percezione della sessualità come una scala mobile a livello di intensità. Si inizia di solito baciandosi, si prosegue con del petting e si finisce a fare sesso solitamente penetrativo ed eterosessuale (con altre potenziali tappe durante il percorso). Come se il sesso fosse il picco più alto di piacere fisico che si possa raggiungere con un partner. Credo fermamente che riuscire a capire cosa ci da piacere, sessualmente o meno, e riuscire a comunicarlo efficacemente al/ai partner(s) sia una delle chiavi per un’intimità fisica emotivamente soddisfacente e sana.
Parlando di queste cose con amici allosessuali, mi è sembrato che fossero argomenti rilevanti non solo per i membri della comunità asessuale. Ho l’impressione che molte persone siano in difficoltà con la dicotomia tra l’essere sessualmente pront* e il non esserlo, e più nello specifico, tra contatto sessuale e non sessuale. Nei discorsi che faccio sull’asessualità, parlare di desiderio di intimità fisica porta alla domanda: dove porre il confine tra intimità fisica non sessuale e intimità fisica sessuale? A questo rispondo a mia volta con una domanda: dove tracci tu questa linea e- ancora più importante- ha davvero importanza questa linea? Questa linea divide le tue esperienze tra sessuali e degne di nota e non sessuali e meno degne di nota. In questo processo a volte dimentichiamo di chiederci quali esperienze riteniamo positive e desiderabili, al di là del nostro ‘essere sessualmente pront*’.
Un’altra criticità è che il concetto di ‘essere sessualmente pront*’ non si adatta troppo bene a sessualità fluide e variabili nel tempo. Una persona può avere forti desideri sessuali in un momento della sua vita e non averne per niente in altri momenti. Inoltre, si può passare da una forte attrazione sessuale al non provarne affatto nell’arco di una singola esperienza! Questo accade perché siamo umani e le nostre emozioni non sono sempre solide e coerenti. Parlare di ‘essere sessualmente pront*’ in termini di una scala mobile di intensità apre la porta al ‘superare i confini’: raggiungere un certo livello su questa scala, sentire che questo cambia il nostro stato a livello di ‘essere pronti sessualmente’ e non essere in grado di scendere di qualche gradino se pure lo riteniamo necessario. Come asessuale, i miei desideri sessuali sono sempre stati potenzialmente variabili e li ho messi spesso in discussione. Quando sei sul fondo dello spettro dell’attrazione sessuale, ogni più piccola variazione è degna di nota e ho l’impressione che renda l’esperienza asessuale più sensibile rispetto al bisogno di una costante ricerca di consenso e alla possibilità di dire di ‘no’ in qualsiasi momento.
Nella mia esperienza, la comunità asessuale offre strumenti di autoindagine fisica che sono stati molto più di aiuto per me del concetto di ‘essere sessualmente pront*’. Per essere sessualmente pront@, bisogna essere d’accordo che ci sia una differenza sostanziale tra esperienze sessuali e non sessuali, e che le prime richiedono metodi diversi di richiesta di consenso. Per come la vedo io, qualsiasi attività nelle nostre relazioni dovrebbe richiedere una preliminare ricerca di consenso- e quindi la differenza tra sessuale e non sessuale è irrilevante in questo caso, così come la linea di confine tra essere pront* e non esserlo. Esperienze consensuali sono ben accette, non importa se sessuali o meno.
Sessualità asessuale.
La mia esperienza da persona asessuale è che a volte trovo piacevole il sesso. Non credo che il piacere sessuale, anche con un partner, sia in contraddizione con la mia natura asessuale. Continuo a non provare attrazione sessuale, ma ho le mie modalità personali per ricercare intimità fisica piacevole con persone per cui provo attrazione non sessuale, e talvolta queste si esprimono tramite il sesso.
Ho l’impressione che il mio identificarmi come asessuale mi abbia portat@ ad una percezione più accurata dei miei desideri- sessuali e non- e al modo in cui voglio esprimerli. Per questo, ho bisogno di creare una sessualità asessuale: un sesso che origina dalla costante messa in discussione e analisi dei desideri e che, in modo abbastanza paradossale, non è sempre necessariamente espresso tramite canali sessuali. Questo obiettivo può essere raggiunto solo decostruendo la dicotomia tra sessuale e non sessuale e trovando il nostro percorso personale per soddisfare i nostri desideri.
Continueremo a chiamarlo sesso? E sarò ancora classificat@ come asessuale? In tutta onestà, non lo so. Chiamatela asessualità, chiamatela sessualità critica, chiamatela Friedrich se preferite- ma la mia idea di asessualità non solo mi colloca nella zona inferiore dello spettro dell’attrazione sessuale, mi porta anche a criticare l’idea stessa di uno spettro di attrazione sessuale e sessualità e a creare un nuovo modello interpretativo delle connessioni umane. Questa è per me l’asessualità, anche quando si esprime attraverso azioni tradizionalmente percepite come sessuali.
http://asexuality.wordpress.com/2013/01/03/asexy-sex/