Relationship recession: il modello “tradizionale” è in crisi
Negli ultimi decenni l’Italia ha assistito a un ribaltamento significativo nelle dinamiche del matrimonio. Secondo dati tratti da fonti ISTAT, nel 1963 venivano celebrati oltre 420 000 matrimoni l’anno; nel 2022 questa cifra si è ridotta drasticamente a circa 189 140, segnando un calo di oltre il 50%.
Dopo un leggero recupero nel 2021 (+86,3% rispetto al 2020) e nel 2022 (+4,8% sul 2021), legati al recupero post-pandemia, i primi otto mesi del 2023 mostrano un nuovo rallentamento, con una flessione del –6,7% rispetto all’anno precedente . I matrimoni religiosi, una volta predominanti, sono passati da oltre il 98% nel dopoguerra a circa il 63,5% nel 2010, continuando a diminuire.
Accanto al calo numerico, emergono cambiamenti demografici rilevanti: sempre più italiani scelgono di sposarsi più tardi, con età medie di prima unione che oggi superano i 35 anni per gli uomini e i 32 per le donne, in netto aumento rispetto ai valori degli anni Settanta . Inoltre, il tasso di nuzialità (matrimoni per 1.000 abitanti) è diminuito costantemente dal 2004 al 2022 in tutta Italia, anche se con variazioni regionali: le regioni del Centro-Nord registrano tassi inferiori rispetto al Mezzogiorno.
Questo concetto prende il nome, ovviamente inglese, di relationship recession e fotografa una tendenza ormai evidente: come accade in Italia, anche in molti Paesi del mondo, le persone giovani si innamorano di meno, si sposano di meno, convivono di meno.
Dietro a questo non c’è un disinteresse verso l’amore. Come spiega la psicologa Federica Ferrajoli, intervistata da Arianna Bordi, «non osserviamo una diminuzione del desiderio di relazione, ma una trasformazione delle sue forme e dei suoi significati». L’autonomia personale, anche economica, è diventata un valore centrale, e molti non sono più disposti a sacrificare il proprio equilibrio individuale per conformarsi a un modello di coppia tradizionale.
Questa trasformazione ha portato a una maggiore esplorazione di modelli relazionali alternativi. Le persone cercano formule che siano più adatte alla loro identità, ai loro bisogni e ai tempi di vita attuali. «Oggi vediamo relazioni non monogame, legami intermittenti, relazioni a distanza o basate su una forte indipendenza reciproca», osserva Ferrajoli. «Tutte queste configurazioni possono essere profondamente sane e soddisfacenti, se vissute con consapevolezza e dialogo».
Quello che sembra in crisi, allora, non è il legame affettivo in sé, ma il modello unico che per decenni ha dominato l’immaginario collettivo: la coppia monogama, eterosessuale, coabitante, finalizzata al matrimonio o alla famiglia. In una società più fluida, interconnessa e individualizzata, le persone rispondono con maggiore flessibilità, costruendo relazioni che tengono conto dei propri valori, ritmi e desideri.
Anche la pandemia ha avuto un ruolo in questo processo, agendo più da catalizzatore che da causa. «Ha mostrato le fragilità preesistenti, non le ha create», spiega Ferrajoli. In molti casi ha spinto a riflettere, a mettere in discussione automatismi, e ad ascoltare con più attenzione i propri bisogni relazionali.
Ad andare in crisi non è soltanto l’unione, ma anche l’intimità prende direzioni non previste, in modo volontario o meno. Secondo un’inchiesta pubblicata su Affaritaliani.it e firmata da Federico Ughi, circa il 30% delle coppie sposate in Italia vive una relazione senza rapporti sessuali. Il fenomeno viene descritto dal sessuologo Fabrizio Quattrini come una vera e propria “recessione sessuale”, che interessa una fetta crescente della popolazione, indipendentemente da età o orientamento.
Nel lessico utilizzato dall’articolo emergono due categorie: il “matrimonio bianco”, dove la sessualità è assente fin dall’inizio della relazione, e il “matrimonio in bianco”, in cui il desiderio scompare nel tempo. In entrambi i casi, il dato centrale è la convivenza senza intimità erotica attiva.
Quattrini sottolinea come questa realtà sia spesso invisibile nel discorso pubblico, nonostante la sua diffusione. Esistono infatti coppie che, per mancanza di educazione sessuale o per dinamiche affettive complesse, scelgono o si ritrovano a vivere una relazione senza sesso. In alcuni casi, la scelta è consapevole e condivisa; in altri, si tratta di un cambiamento progressivo non sempre affrontato apertamente.
Come suggerisce l’articolo, queste relazioni non sono automaticamente disfunzionali. Il matrimonio in bianco, come altre forme relazionali atipiche, può rappresentare una configurazione valida se sostenuta da un’intesa affettiva e da un accordo reciproco. Solo quando l’assenza di sessualità genera sofferenza o conflitto — e in quel caso Quattrini parla esplicitamente di “disagio” — diventa un tema clinico.
Il fenomeno mette in discussione il modello normativo di coppia basato sulla sessualità come fondamento. E apre a una visione più articolata dei legami affettivi, dove l’intimità può assumere forme diverse e non sempre legate all’attività sessuale.