“Lascia che io ti liberi”. Asessuali e sesso, femminismo, sex-positivity
Questo articolo è la traduzione del capitolo 2-3 “Just let me liberate you” del libro di Angela Chen “Ace. What asexuality reveals about desire, society and the meaning of sex“. Le immagini e le didascalie sono stati aggiunti nella fase di pubblicazione per facilitare la lettura su uno schermo. Le note con riferimento numerico sono nell’originale, quelle con riferimento alfabetico sono state aggiunte durante la traduzione.
DUE SETTIMANE DOPO AVER COMPIUTO VENTIDUE ANNI ho chiesto alla mia comitiva di uscire e aiutarmi a rimorchiare. Una richiesta senza precedenti. Non bevevo, non andavo nei bar ed evitavo anche di stare mano nella mano con qualcuno. Inoltre, avevo parlato loro di Henry e dei nostri piani per vederci in estate. In quel momento era aprile e, con quell’incontro solo a un paio di mesi di distanza, sembrava stupido non aspettare.
Tuttavia, non avevo detto loro delle mie insicurezze. Non avevo detto loro quanto mi sentissi fuori moda e antiquata per voler far sesso solo se prima c’era l’amore. Sapevano che io ed Henry ci eravamo messi d’accordo per avere una relazione aperta, ma non ero stata onesta sulla portata delle mie paure riguardo una simile situazione. Né l’intera storia dei rapporti umani né le testimonianze di amici e amiche hanno potuto impedire che mi scervellassi. Niente poteva fermare il mio sospetto che Henry stesse mentendo quando diceva che il sesso senza amore fosse una cosa comune e che lui potesse farlo con altre persone senza un coinvolgimento emotivo. Piena di dubbi che mi facevano sentire in colpa, ho deciso di provare a me stessa che il sesso senza sentimento fosse possibile e, speravo, potesse rendermi più propensa all’amore libero. Avevo bisogno di essere all’altezza degli obiettivi che mi ero prefissata: essere moderna invece che arretrata, una buona femminista che viveva secondo le proprie convinzioni, non essere repressa.

“Repressa” è l’opposto di “libera”. Un insulto. Nei circoli culturali liberali, la donna sessualmente tradizionalista è spesso considerata sessualmente repressa – e la donna sessualmente repressa è un simbolo del tempo prima della libertà. È castigata e non accetta la realtà, spaventata dal farsi strada nella vita. È la perfetta casalinga degli anni Cinquanta, priva della disinvoltura delle coetanee libere che sono in contatto con i propri corpi e sicure del proprio posto nel mondo. La donna sessualmente repressa è oggetto di pietà e un promemoria dell’importanza del progresso. È imbarazzante.
Ho creduto a tutti i presupposti incorporati nell’archetipo della donna che non si dà al sesso: che è pudica e puritana, che non ha fatto un buon lavoro di auto-liberazione dalla vergogna e anche che è politicamente conservatrice.
Nessuna di queste cose era in linea coi miei obiettivi. Le parole usate per descrivere le donne che non fanno sesso (caste, astinenti, pure, pudiche) sembravano troppo cliniche o moralistiche per me. Le parole usate per descrivere le donne che invece lo fanno (libere, emancipate, audaci) mi piacevano e volevo che si applicassero anche a me. Ho imparato il linguaggio degli archetipi e i tropi estetici – la donna repressa, la donna libera – invece di chiedermi in modo più critico se queste storie fossero vere e, se così era, cosa potevano implicare sul modo in cui ci rapportavamo col sesso, la politica e il potere. Ora riuso questi archetipi e tropi estetici perché rappresentano il modo in cui questi messaggi sono stati tramandati. Poche persone direbbero esplicitamente che le donne sessualmente conservative siano persone timide che se ne stanno in disparte, figure sullo sfondo, ma la cultura popolare ha reso chiara questa insinuazione e, quindi, ho avuto la vaga, incontestabile sensazione che le donne dedite al sesso fossero più divertenti e femministe delle altre. Forse il mio atteggiamento può essere sintetizzato meglio dall’attivista anti-stupro Alexandra Brodsky, che disse alla giornalista Rebecca Traister di ascoltare le donne che credono che “non avere una vita sessuale straeccitante o strapositiva in qualche modo è un fallimento politico”[1] Avrei potuto tranquillamente essere una di loro.
Le mie idee sull’umiliazione della repressione e sul significato di essere sessualmente libere non vengono dal nulla. Per tanto tempo le donne sono state spinte a negare i propri bisogni sessuali e servire, invece, quelli degli uomini. Il nostro valore è legato al sesso. Veniamo sessualizzate finché non diventiamo troppo vecchie, ma colpevolizzate e controllate se troppo sessuali, ci viene impedito di esplorare ciò che desideriamo o ci è permesso desiderare – e questo è vero due volte se le donne in questione non sono etero.
La politica del sesso diventa centrale nel dibattito femminista nell’America degli anni Settanta e Ottanta. Durante quel periodo, attiviste come Catharine MacKinnon e Andrea Dworkin guidarono il movimento che sarebbe poi stato conosciuto come femminismo sex-negative. La MacKinnon e la Dworkin potrebbero non aver pensato a se stesse come contrarie al sesso, ma il loro lavoro non si è certamente concentrato sulle possibilità liberatorie dell’orgasmo. Con titoli come Sexual Harassment of Working Women e Woman Hating, i loro libri si concentrano meno sul piacere del sesso e più sui modi in cui la sessualità potrebbe essere usata per nuocere.

L’argomento cardine è che le inique dinamiche di potere sono la base del sesso eterosessuale, sempre, perciò è quasi impossibile ottenere il vero consenso. La loro analisi strutturale ha concluso che il sesso sotto il patriarcato fosse inevitabilmente compromesso e assoggettato. I gruppi attivisti nati da questa tradizione erano contro la pornografia, il sadomasochismo e il sex work, considerati tutti metodi usati dagli uomini per sfruttare, svilire e ferire le donne.
Nel 1982, quando l’annuale Barnard Conference on Sexuality decise che avrebbe avuto come tema “piacere e pericolo”, il gruppo Women Against Pornography protestò indossando magliette con le scritte “Per una sessualità femminista” da un lato e “Contro il S/M” dall’altro[2]. L’anno successivo, la MacKinnon e la Dworkin cercarono di far approvare una legge che proibisse la pornografia a Minneapolis. Dopo che quel tentativo fallì, venne introdotta un’ingiunzione simile a Indianapolis, approvata dai gruppi conservatori e dall’avvocata dichiaratamente anti-femminista Phyllis Schlafly.
La MacKinnon e la Dworkin erano una squadra ben assortita, scrive la professoressa dell’Università di New York Lisa Duggan in una retrospettiva del periodo pubblicata su Sex Wars: Sexual Dissent and Political Cultures. La prima, con una laurea presso la Yale Law, era quella raffinata, nobile, razionale, mentre la seconda era l’oratrice irruenta che parlava a chi la sosteneva di “ingoiare il vomito che si prova al pensiero di avere a che fare con il consiglio cittadino e ottenere questa legge”. Le sue parole erano memorabili, non aveva paura di sembrare estrema. “Guardate che il silenzio delle donne è finito” diceva Dworkin, “non staremo più sdraiate a gambe aperte”[3].

L’ordinanza anti-porno di Indianapolis divenne legge. Istanze simili vennero richieste – e respinte per un pelo – in città come Los Angeles, New York e Cambridge, in Massachusetts. Le sfide di queste ingiunzioni arrivarono fino alla Corte Suprema, che alla fine stabilì che vietare la pornografia fosse incostituzionale.[4]
Le femministe non sono mai state tutte d’accordo tra loro e i pensieri femministi riguardo il sesso sono stati sempre mutevoli. Per femministe come Ellen Willis e Susie Bright, l’approccio della coppia MacKinnon-Dworkin incoraggiava un conservatorismo sessuale che non giovava alle donne. In un saggio storico del 1981 intitolato Lust Horizons: Is the Women’s Movement Pro-Sex?, la Willis rispose all’idea che, parole sue, “sfrutta la parte più bassa della femminilità tradizionale – l’amara, ipocrita furia che spinge le accuse sugli uomini come bestie lussuriose che distruggono le loro caste vittime”. L’amarezza non era la stessa di una soluzione reale e l’iperfocalizzazione pessimistica della negatività del sesso spingeva le donne ad “accettare una falsa superiorità morale come sostituta del piacere sessuale e la limitazione della libertà sessuale degli uomini come sostituto del reale potere”. In più, continua, “in questa cultura, dove le donne ancora vengono considerate meno sessuali degli uomini, l’inibizione sessuale è parte integrante dell’identità della donna ‘normale’ come l’aggressione sessuale lo è di quella di un uomo. Sono gli ‘eccessivi’ desideri genitali che spesso fanno sentire le donne come ‘poco femminili’ e indegne[5].
La MacKinnon e la Dworkin potrebbero aver aiutato le donne a diventare più consapevoli di quanto il sesso possa essere complicato, ma difficilmente hanno aiutato qualcuna a fare del sesso migliore.
Le femministe sex-positive come la Willis e la Bright non credevano che il porno fosse sempre umiliante. Non approvavano l’impegno conservatore di proibirlo o di dare ai politici (che spesso sono uomini) così tanto potere nel controllare la sessualità delle donne. Era importante annullare il condizionamento sociale della vergogna. Il piacere era possibile, anche sotto il patriarcato. Le donne avevano il libero arbitrio e non erano creature così fragili, così facili da spezzare.
Fare sesso è bello; non fare sesso non così tanto. Il sesso non è solo merce da vendere agli uomini. Anche le donne ora possono partecipare, vantarsi di far molto sesso e persino dire che farlo dà forza, perché si sta usando il proprio potere per avere gli stessi diritti degli uomini. L’eccitazione femminile va coltivata. Questo non è un promemoria esplicito, ma una sensazione nell’aria che rende “puritana” un peggiorativo di genere e spinge le persone asessuali a precipitarsi ad affermare che non giudicano male il sesso.

Samantha Jones, interpretata da Kim Cattrall nella serie di successo Sex and the City, è un’iconica rappresentazione di donna moderna e sex-positive. Possiede un’importante agenzia di pubbliche relazioni, è ambiziosa e sicura di sé e alcune delle battute più belle e divertenti dello show sono proprio sue. Irriverente libertina, Samantha parla del suo grande giro d’affari e si definisce ‘trisessuale’, cioè, almeno una volta ha provato tutto. “Non mi lascerò giudicare da te o dalla società” dice in una scena memorabile la cui GIF è diventata virale. “Io indosserò qualunque cosa e farò un pompino a chiunque io voglia finché sarò ancora in grado di respirare e inginocchiarmi”.
Vent’anni dopo la prima di Sex and the City, l’HBO ha lanciato il teen drama Euphoria. Gli adolescenti immaginari di oggi rappresentati dalla serie trattano il sesso con disinvoltura, si danno appuntamento in stanze d’albergo e si incontrano a casa di altre persone. In uno dei primi episodi, il personaggio Kat Hernandez confessa di essere vergine e le viene detto “Non siamo negli anni ’80. Devi trovarti un cazzo!” E così Kat perde la sua verginità e acquista sicurezza diventando una cam girl.
Anche nella vita reale le donne possono acquisire un certo prestigio culturale parlando di sesso. Cosmopolitan continua a dare al suo pubblico consigli sulla sessualità, articoli su altre pubblicazioni combattono lo stereotipo della donna sessualmente riservata affermando che “le donne sono arrapate da morire”[6] e la rivista The Cut ha dedicato una settimana di contenuti sull’essere eccitate[7] Il dicembre scorso, il New York Times ha dichiarato il 2019 “l’anno dell’eccitazione femminile”[8]. La cantante delle Coolgirl, Tove Lo, canta di essersi bagnata tanto da impregnare i vestiti e Charli XCX insiste a dire che lei “non è un angelo” e le piace scopare in hotel, ma non significa niente. Nella sua canzone Das Me, la rapper Brooke Candy dice che “troia” ora è un complimento, “una donna sexy da morire che domina la situazione ed è sicura di sé”. Le top star Ariana Grande, Cardi B e Nicki Minaj si vantano del sesso che fanno e della loro bravura a letto sia nella propria musica che come personaggi pubblici.

In Feeling Myself, di Nicki Minaj, è presente un verso dove la cantante si vanta di un amante che le ha detto “Damn, bae, you so little, but you be really takin’ that pipe” (“Dannazione, tesoro, sei così piccola, ma lo prendi così bene”). Quella frase fu causa di forte disorientamento per una mia amica, quando un giorno la ascoltò in macchina. Che strano, pensò, che essere capaci di fare sesso selvaggio fosse un complimento degno del rap, che fosse descritto come ‘prendere’ (rendendo la donna quasi un recipiente invece che una parte attiva) a pipe[a] (una metafora violenta), che la cantante si vantasse di essere capace di farsi scopare e che lei, sentendo quella frase, avesse subito capito perché Nicki si stesse vantando e perché la canzone piaceva tanto. Sembrava un grande miscuglio incasinato.
Se fare sesso fosse semplicemente bello mi avrebbe infastidita poco. Tuttavia, anche il sesso era diventato femminista e questo mi importava. Attraverso una sottile serie di colpi di scena, come in un gioco del telefono, il sesso per le donne liberali è diventato più di un espediente per divertirsi o anche dimostrare di essere desiderabili. Fare molto sesso era diventato un modo per mettere in atto la politica femminista.
In primo luogo, l’importante messaggio che molte donne sono condizionate a essere sessualmente inibite era stato trasmesso senza tener conto delle sfumature. “Sembra che il punto sia ‘abbiamo liberato la nostra sessualità, quindi ora dobbiamo celebrarla e fare tutto il sesso che vogliamo’” dice Jo, attivista politica ace in Australia. “Tranne che ‘tutto il sesso che vogliamo’ è sempre molto sesso e mai niente sesso, perché altrimenti siamo oppresse, o magari represse, e o non siamo davvero noi, o non abbiamo scoperto quel lato cruciale di noi stesse che è la sessualità, o non siamo ancora cresciute o risvegliate del tutto”.
Jo è tutt’altro che l’unica a sentirsi così. Al college, la blogger Framboise (che scrive come Radical Prude) è stata fortemente influenzata dal femminismo sex-positive e “ho parlato e riparlato con le mie amicizie femministe dei desideri e di liberarsi della repressione”[9]. Rigettarla è necessario, secondo il femminismo sex-positive, perché gli uomini controllano e mortificano le donne così che non facciano sesso. La vergogna può essere così radicata da sembrare naturale, perciò serve un lavoro attivo per superare l’esitazione. Incoraggiare le donne a fare tutto il necessario per godersi il sesso è la prassi. Niente di tutto ciò è sbagliato, ma l’affermazione di Ellen Willis riguardo il fatto che l’inibizione sessuale condizionata sia “parte integrante dell’identità di una donna ‘normale’” diventa la convinzione che essa sia la sola ragione per cui le donne non fanno sesso.

Sono quindi le donne forti e coraggiose che ragionano in modo critico sul senso di vergogna quelle che si liberano dal patriarcato e rivendicano il proprio piacere. Godersi il sesso è la prova che è stato fatto un buon lavoro di auto-liberazione, mentre chi rimane a casa da sola può sentire di aver deluso tutte coloro che hanno lottato duramente per offrire alle donne altre e più eccitanti possibilità. Quando Framboise ha parlato della sua ambivalenza verso il sesso, altre femministe le hanno suggerito di provare la masturbazione e del sesso insolito per aiutarla a elaborare, esplorare e vincere la repressione. Una certa altra opzione raramente viene proposta. “Non mi hanno mai detto ‘Eh, forse semplicemente non vuoi fare sesso. È okay’” scrive Framboise. Anzi, “l’assenza di desiderio nel sex-positive era quasi del tutto assente e molti dei loro consigli miravano ad ‘aggiustarmi’”[10]. Veniva dato per scontato che ogni donna avrebbe amato il sesso, se solo avesse potuto capire come farlo.
E se fare sesso libera, allora il sesso insolito o più trasgressivo è ancora più liberatorio, sia dal punto di vista personale che da quello politico. Questa idea è l’inversione di un concetto chiamato cerchio incantato, coniato dall’antropologa Gayle Rubin nel suo scritto del 1984 Thinking Sex: Notes for a Radical Theory of the Politics of Sexuality[11]. Il cerchio incantato descrive l’esistenza di una gerarchia del sesso. Al suo interno vi è tutto ciò che è socialmente accettato, ossia il sesso monogamo, tradizionale, etero, coniugale e privato. All’esterno dei suoi confini, per esempio, ci sarebbero il sesso promiscuo, di gruppo, e così via. Il cerchio incantato rappresentava lo status quo severo e conservatore.
Invece che rendersi conto che il problema fosse l’esistenza stessa del cerchio incantato, le liberali semplicemente lo hanno ribaltato. Così gran parte di ciò che si trova all’esterno del cerchio viene idealizzato ed esaltato. Come scrive Elisa Glick, professoressa di studi di genere presso l’Università del Missouri, la ricerca di una sessualità femminista libera dalla violenza maschile “viene rimpiazzata dalla ricerca della sessualità politicamente scorretta che trasgredisce gli standard del movimento”[12]. In altre parole, più l’atto è ‘trasgressivo’, più si è libere quando lo si compie, oltre che intrinsecamente libere dalle norme e dalla vecchia politica. Vengono messe in atto nuove regole.
Infine, dato che questa visione della liberazione sessuale dominava la scena femminista, non fare sesso – o fare solo sesso tradizionale, nei confini delle relazioni monogame eterosessuali – è diventato il segno d’approvazione delle idee politiche arretrate e conservatrici. La sessualità, che è già una narrazione della maturità in cui il sesso conduce all’età adulta, diventa così anche una narrazione della maturità politica, un’evoluzione nel pensiero e nella pratica. Una linea immaginaria va da “immatura”, sia riguardo il sesso che la politica, a “pienamente realizzata”.
Da un lato c’è la nostra vecchia amica, la donna sessualmente repressa. Lei è etero, probabilmente repubblicana, forse una WASP[b]. È bionda e casalinga, si occupa dei suoi figli e quando non stringe un crocefisso stringe la sua collana di perle. Dall’altro lato c’è una donna pronta a tutto: ménage a trois, poliamore, perversioni, sex club. Ha orgasmi multipli, più partner e vuole abolire l’ICE[c].
Tutto ciò fa pressione sulle femministe perché si “deprogrammino” passando dall’essere frigide e conservatrici a lussuriose e liberali. “Nei circoli radicali queer e in molti di quelli di sinistra, i mondi in cui mi muovo, c’è l’idea diffusa che il proprio radicalismo politico sia collegato alle proprie attività sessuali” scrive l’attivista Yasmin Nair[13]. “E troppo spesso persone, soprattutto giovani, che fanno coming out nelle comunità radicali queer si sentono dire che non possono essere abbastanza radicali a meno che non abbiano relazioni poliamorose e orgiastiche. Molte, in particolare le nuove attiviste giovani e vulnerabili, mi hanno detto che viene loro fatta pressione perché siano in un certo modo dal punto di vista sessuale e che le fanno sentire meno politiche semplicemente perché una particolare scena di sesso non fa per loro”.

Di primo acchito, la connessione tra radicalismo politico e sessualità sembra non avere senso. Chi segue il conservatorismo politico, spesso è conservatore o conservatrice anche dal punto di vista sessuale, almeno pubblicamente. Le persone gay o trans hanno meno probabilità di sostenere la politica conservatrice che si oppone ai loro diritti, e il potere dell’associazione è forte. Ancora una volta, solo perché due cose sono spesso accoppiate non significa che debbano esserlo. Eppure si è sviluppato un nuovo tipo di normatività sessuale. Le preferenze vengono giudicate se non coincidono con questa corretta – o politicamente scorretta per il partito conservatore – visione della sessualità femminile. Il sesso trasgressivo diventa un atto politico contro il patriarcato; il suo opposto, invece, significa sottomettersi a esso. L’asessualità non esiste, è solo il sottoprodotto dell’oppressione maschile. Niente di tutto questo è ciò che le femministe sex-positive volevano. È improbabile che avrebbero approvato questo o altri cambiamenti, come la commoditizzazione del sesso e il modo in cui il femminismo sia diventato parola facile per vendere prodotti, show televisivi e personal brand. Ciò non ha impedito che le buone idee venissero prese e trasformate in materiale per manipolare.

La scrittrice Lauren Jankowski lo sa bene. Lauren è un’autrice fantasy, una figlia adottiva e una femminista. Oggi gestisce un sito web chiamato Asexual Artists ed è fiera di affermare con risolutezza che per avere una vita felice non è necessario il sesso, anche se a un certo punto questa convinzione l’aveva portata a sentirsi estremamente insicura.
Dopo essersi diplomata, Lauren ha preso lezioni presso il collegio universitario locale. Tuttavia, quello che davvero voleva era essere una scrittrice, perciò suo padre si accordò con il vicino della porta accanto, Chris, perché le facesse da insegnante di scrittura. Chris era un giornalista, lui e sua moglie erano buoni amici della famiglia di Lauren, lei aveva fatto da babysitter a loro figlio, perciò quella sembrava essere una buona soluzione per tutti. I due si incontravano per qualche ora ogni domenica nel soggiorno di lui, una stanza che veniva tenuta sempre buia perché la famiglia aveva smesso di pulire le finestre vedendo che gli uccelli continuavano a sbatterci contro. Gli altri muri erano coperti da scaffali pieni di libri, uno di essi conteneva un acquario. Lauren guardava quei pesci colorati nuotare in tondo, intrappolati lì dentro, e pensava di capire come si sentivano.
All’inizio fece coming out con Chris perché era il modo più semplice per spiegargli il motivo per cui voleva scrivere di personaggi ace. Per lei, identificarsi come asessuale era già una vittoria. Alle superiori l’avevano convinta che il suo disinteresse per il sesso fosse causato da un cancro o da un tumore cerebrale, arrivando al punto di prescriverle esami del sangue mirati a diagnosticare la sua misteriosa condizione. Era importante che nessun’altro attraversasse la sua stessa ansia, la sua stessa incertezza.
La prima cosa che Chris disse fu che l’asessualità non era reale. Era un’idea inventata da uomini misogini per mantenere il controllo sessuale sulle donne. Chris lo sapeva perché era un professionista mondano, uno scrittore che sapeva menzionare nomi famosi nell’ambiente artistico e che amava parlare di Freud. Lei era la sua timida e ansiosa vicina, un’adolescente a cui si scatenava il disturbo da deficit di attenzione quando lo guardava. La sua opinione non aveva importanza.
Chris disse a Lauren di tenere un diario dei sogni ed esaminandoli, assumendosi l’onere di interpretarli, affermò che riguardassero tutti il suo forte desiderio sessuale. Curò il suo primo romanzo, un mistery fantasy con un omicidio sulle donne queer, così che il personaggio principale non fosse più asessuale. Modificò un’altra figura, che era sia ace che aromantica, in modo che diventasse un’antagonista, perché il male era l’unica ragione per cui una donna non avrebbe voluto una relazione. “Sembrava come se qualcosa che amavo fosse stato contaminato” dice Lauren, “e non capivo perché mi sentissi in quel modo, non mi ci sono ritrovata per molto tempo. Ma ricordavo di aver letto quelle righe e aver pensato ‘Non mi suona, ma lui è felice quindi deve essere buono, devo essere brava’”.
Presto, quasi tutti i nostri incontri iniziarono a includere una menzione sui lati negativi dell’asessualità. O era colpa del farmaco per il DDA e Lauren non era davvero asessuale, oppure sì ed era un’enorme tragedia. Le lezioni di Chris avevano una logica lampante, dimostravano passo dopo passo come l’asessualità avrebbe portato – inesorabilmente – alla rovina tutte le ambizioni di Lauren. Se sei asessuale non hai passione, diceva. Se non hai passione, non puoi scrivere. Pertanto, se non fai sesso non puoi essere una scrittrice. Identificarsi come asessuale significa aver subito il lavaggio del cervello dal patriarcato e dover lavorare duramente per combatterlo. Altrimenti non puoi essere femminista, e di certo neanche un’artista.
Va detto che Chris è quasi troppo conveniente. Lui è la vera e propria voce della sessualità imposta, la perfetta personificazione di tutte quelle credenze distorte. In un certo senso, lui non è niente di nuovo: gli uomini si sono serviti per molto tempo della vergogna per controllare le donne. Chris era un genio della manipolazione non perché usava il suo potere di figura autoritaria maschile più anziana, ma perché che aggiornava la tattica, connettendo direttamente l’asessualità di Lauren alla sua politica femminista e al suo senso d’identità, al suo sogno di essere una scrittrice e a ciò che poteva sperare di capire della vita. Piegava il linguaggio della liberazione sessuale femminile per i propri scopi – che vennero scoperti quando le confessò di essere innamorato di lei. Quando Lauren non lo ricambiò, la definì un pigro fallimento senza talento e smise di lavorare con lei. Chris aveva preso l’idea che le donne dovessero essere libere di dedicarsi al sesso e l’aveva trasformata nell’idea che le donne non fossero libere se non facevano sesso – con lui. La vecchia presunzione maschile rafforzata da qualche nuova idea, ora dirottata al servizio della sua libido. Chris è come Robin Thicke nel brano Blurred Lines: “Just let me liberate you” (“Lascia che ti liberi”). Lui, le femministe che Framboise conosceva al college e io stessa quando avevo ventidue anni, ci sbagliavamo.
Ancora una volta: il sesso è politico. Chi merita piacere, cosa è considerato trasgressivo e la definizione vera e propria di sesso sono questioni politiche. Il significato del sesso, il femminismo e la liberazione sono diversi per le donne povere, quelle di colore, disabili o religiose. Le donne benestanti con molti partner hanno più probabilità di essere considerate libere, per esempio, mentre le donne della classe operaia sono più spesso definite facili. Le donne queer devono affrontare l’omofobia, lo stigma dell’ipersessualizzazione e la feticizzazione. Le donne trans vengono umiliate e la loro identità di genere negata. Tutto ciò può rendere difficile per le donne esprimere la propria sessualità.
Questo non significa che ogni donna sessualmente indifferente sia repressa. Il controllo patriarcale è spesso responsabile delle donne che non amano il sesso, ma non è sempre così. La verità della disuguaglianza di genere nella libertà sessuale e dell’importanza di insegnare alle donne a rendere onore al proprio desiderio si è distorta nella convinzione che la liberazione sessuale femminile potesse essere solo in un modo – ovverosia opposto a com’erano prima le vite delle donne. L’ipercorrezione non risolve il problema, semplicemente riassegna la vergogna e lo stigma.
Credere a Chris e alla retorica per la quale l’apatia sessuale femminile sia sempre causata dalla repressione vuol dire dimenticare che ci sono sempre stati molti modi di volere e fare sesso. È essere vittima di quella che Rubin, l’antropologa, chiamava “una delle più radicate idee sul sesso”, cioè che “non c’è modo migliore di farlo e tutti dovrebbero farlo in quel modo”[14]. Questa credenza è sbagliata se si accetta solo il sesso eterosessuale e monogamo, ma lo sarebbe anche in un mondo in cui esso sarebbe l’unico tipo di sesso a venire condannato.
Le persone possono rendersi conto di apprezzare certe azioni, ma c’è differenza tra soddisfare i desideri che sono già presenti (o sperimentare per vedere cosa potrebbe piacere) e andare alla ricerca di ciò che deve esserci. È vero che molte donne sono frenate e forse ancora non lo sanno. Non è vero che dentro tutte quelle che non vogliono provare un rapporto a tre ci sia una folle che sventola una bandiera per essere liberata. Magari non c’è nessuna bandiera.
Il presupposto di una libido vorace e onnipresente ignora la realtà della variazione sessuale. L’idea che esista sempre un sé sessuale segreto da liberare ha senso solo se si crede che tutto il mondo sia uguale nel profondo, che ogni persona voglia le stesse cose, solo che alcune non sanno ancora che si divertirebbero a essere frustate. Dato che la variazione sessuale esiste, non c’è una visione universale della sessualità libera. La sfera personale è politica, ma cosa sia meglio per ogni persona può essere diverso. La sessualità libera dalla colpevolizzazione sociale può essere rappresentata sia dalla promiscuità che dall’astinenza e, poiché esiste in varie forme, non c’è ragione per cui essere sessualmente conservatrici debba significare essere represse o impedire il radicalismo politico.
È inoltre preoccupante che l’attenzione sulla liberazione personale distolga quella sul vero potere dell’organizzazione politica. Fare sesso trasgressivo può dare forza all’individuo, ma raramente cambia la più ampia struttura della politica, della legge e della cultura, che continua a svilire stili di vita e di sesso alternativi (e costringe ad altre norme regressive) per tutte le altre persone. L’enfasi sulla sessualità personale trasgressiva può portare a una situazione dove “l’essere queer, per esempio, viene rivalutato, (ma) le condizioni politiche ed economiche responsabili della sua svalutazione rimangono invariate”[15], scrive Glick, ricercatrice presso l’Università del Missouri.
Il gatekeeping politico basato sulla sessualità allontana anche le femministe per le quali il sesso non è una priorità. Una di queste è Rafia Zakaria, un’avvocata femminista e attivista che ha sentito parlare di femminismo sex-positive per la prima volta durante un seminario di laurea. “Nella rivalità creata da questi seminari, i miei colleghi e le mie colleghe parlavano senza sosta di cose a tre, di scaricare in modo trionfale e senza cerimonie la persona con cui stavano (chi ha tempo per questo?) e in generale di molto, moltissimo sesso” ha scritto in un articolo per New Republic[16]. “La nostra professoressa, che sfoggiava fiera il piercing al naso, i capelli selvaggi e le sciarpe e la bigiotteria di una vera viaggiatrice, ha incoraggiato tutto ciò. Non è mai saltata fuori la questione di come e quando la liberazione sessuale fosse diventata non solo il fulcro, ma l’essenza stessa della liberazione in generale”.
Zakaria non si ritrovava in quella classe, consapevole che sarebbe stata etichettata come una puritana, “una donna musulmana da salvare, da istruire sulle possibilità della liberazione sessuale”[17]. Ben lungi dall’aver bisogno di essere salvata o istruita, lei rifiutava l’idea che l’ethos dell’amore libero fosse la cosa più appagante per ogni donna e che la liberazione sessuale dovesse essere la chiave di volta della liberazione femminile, come se le due fossero la stessa cosa. In quanto femminista musulmana, identità che alcune persone stupidamente considerano incompatibili, trovava difficile spiegare che non era contraria al piacere sessuale, ma al modo in cui esso è stato costruito e alle storie di sesso che le sono state insegnate, al vuoto parallelo di più sesso come più liberazione che a volte mette in ombra altri problemi. Non è una coincidenza che gli spazi sex-positive descritti da Zakaria siano spesso dominati da donne bianche benestanti, demograficamente molto simili a quelle femministe che accesero la discussione e che spesso sono le voci più forti nella stanza. Le donne bianche benestanti, meno colpite dal razzismo e dal classismo, hanno meno probabilità di rendersi conto della necessità di una visione più ampia del femminismo che enfatizzi queste preoccupazioni e, quindi, incentreranno la propria visione ristretta sulla liberazione sessuale intesa come liberazione femminile.
Il sesso non era il fulcro del femminismo di Zakaria. Non lo è nemmeno per me, e non ho tempo per chi pensa che questo metta in discussione il mio femminismo. Non mi preoccupa più avere una vita sessuale supereccitante. Anche se mi impegnassi per rendere la mia vita sessuale l’invidia di tutti, questo aiuterebbe solo me. Cercare il piacere può essere meraviglioso, ma non avere una vita sessuale supereccitante non è un fallimento politico, non quando c’è così tanto lavoro da fare sui problemi legati alla violenza, all’economia, all’educazione, ecc. La donna che odia il sesso può essere repressa, ma se sostiene un’educazione sessuale completa e spinge perché la classe politica approvi leggi per la pari retribuzione, è un successo politico. Quella che si vanta di usare gli uomini ma ignora la necessità di un’azione più grande, meno.
O, come scrive Nair, “La rivoluzione” – quella che aiuterebbe tutte le persone – “non arriverà con l’onda del tuo prossimo orgasmo multiplo avuto con sette partner sul pavimento di uno spazio comune della vostra casa. Accadrà solo se si dispone di un piano effettivo per distruggere i sistemi d’oppressione e sfruttamento”[18]. La diversità sessuale di ogni tipo è importante, e la propria sessualità personale non traccia i limiti del proprio attivismo politico, in nessun modo.
Ventiduenne, arrogante, imprudente e anche spaventata, non ho sfidato la convinzione che una buona femminista non sarebbe dovuta essere apatica nel sesso. Mi aggrappavo anche a una variazione correlata ai valori femministi: che le donne non solo dovrebbero essere in grado di fare ciò che fanno gli uomini, ma che sarebbero superiori se potessero farlo – il che, nel regno del sesso, significa incontri e rapporti solo per piacere fisico. Questa (sbagliata) versione della liberazione sessuale sembrava necessaria, eppure mi rimproveravo di essere così conservatrice e incapace di cambiare. Leggevo La zoccola etica e blog che promettevano di insegnarmi come “modificarmi per diventare poliamorosa” e compilavo cartelle per “mappare la mia gelosia” e provare a contenerla o, meglio ancora, cancellarla. Credevo che il desiderio di monogamia e il mio disinteresse nel sesso occasionale non fossero preferenze valide, ma fallimenti politici e morali che dovevo superare. Pensavo di essere debole e stupida.
Così io e la mia comitiva siamo andate in un minuscolo bar a Pacific Beach, un quartiere di San Diego. Aveva le luci al neon, una sola televisione che trasmetteva gli eventi sportivi e forse quattro uomini in totale. Non sono riuscita ad approcciare neanche una persona e ho finito per insistere per andarcene subito, ma almeno sulla strada di ritorno abbiamo preso delle patatine con la carne asada perché non fosse una serata del tutto sprecata.
La mattina seguente, mi sono collegata su OkCupid e ho scritto a una persona che visitava regolarmente il mio profilo e sembrava abbastanza gentile. Non ricordo più il suo username. Non ricordo nemmeno il suo vero nome, né niente di lui a parte che aveva ventotto anni, i capelli castani ed era felice di essere d’accordo quando gli ho spiegato cosa volevo.
Un’ora dopo eravamo seduti all’aperto in un centro commerciale vicino a casa mia. Lui mangiava sushi da uno di quei contenitori di plastica trasparente. Io non mangiavo. Lui mi disse che gli piaceva la tecnologia e ogni tanto pensava di fare domanda per una borsa di studio presso Wired. Io gli dissi che avevo pensato di fare lo stesso. Andammo a casa sua con macchine separate.
Il dettaglio che non mi dimenticherò mai non ha nulla a che fare con l’uomo o con il sesso. Stampata a fuoco nella mia memoria è la sorpresa che ho provato quando sono entrata a casa sua e l’ho trovata piena di bambini. Almeno quattro di loro, probabilmente parenti, erano affollati su un enorme divano e guardavano un film d’animazione con una principessa dai lunghi capelli biondi. (Una settimana dopo ho controllato. Era Rapunzel). Nessuno mi ha degnato di uno sguardo, una piccola grazia di cui sono riconoscente.
Il sesso è stato doloroso, sbrigativo e molto rapido. Mi sono rivestita e me ne sono andata, trionfante. Dal punto di vista emotivo, non avevo sentito niente – e, dopotutto, era quello il punto. I miei timori riguardo ciò che Henry aveva detto erano sbagliati! Il sesso senza sentimenti era possibile. Quindi anche le paure su me stessa erano sbagliate. Non ero repressa, non ero appiccicosa. Ero tutte quelle cose che avevo sperato di essere: forte, indipendente, audace e, oso dire, rafforzata dalla mia stessa apatia.
Cadere nello stereotipo femminile (come volere un forte coinvolgimento emotivo prima del sesso) sembrava una sconfitta, perciò l’unico incontro occasionale della mia vita era stato per la ricerca di una crescita politica, non per qualcosa di anche solo vicino al piacere. Uscendo e facendo sesso “come un uomo” avevo distrutto la possibilità di essere la caricatura di una damigella sentimentale in attesa del vero amore. Per quella sicurezza, avere un’avventura di una notte – di un pomeriggio, a dire il vero – sembrava un piccolo prezzo da pagare. Per una volta ero stata abbastanza progressista.
Quando l’ho detto a Henry, si è congratulato e mi ha detto che era felice per me. Più tardi quell’estate, però, una notte al buio, mi ha confessato che una parte di lui era a disagio per quella faccenda. Aveva intuito, correttamente, che in qualche modo ciò che avevo fatto era una punizione e un segno di sfiducia. Si sentiva strano perché forse nel profondo avrebbe voluto essere lui la mia prima volta.
Quello che chiamavo femminismo non era altro che ripicca e paura mascherate da performance. Da un lato, si trattava di verificare da me ciò che le altre persone dicevano riguardo il sesso separato dall’amore. (Anche se, dato che non ero davvero attratta da quell’uomo, le mie paure su cosa significasse essere sessualmente attratta da qualcuno rimanevano). Dall’altro, aveva a che fare anche con il controllo, la distanza, l’ego, la politica e l’insicurezza.
Non volevo che Henry fosse la mia prima volta. Non ero sicura di poterlo gestire perché avevo paura di innamorarmi troppo di lui. Negarglielo era un modo di affermare il mio potere, di portargli via qualcosa che potevo dargli e che le persone pensavano dovessi preservare. Era l’unica cosa che, mi hanno detto, avrebbe potuto ferirlo e fargli sentire un po’ del disagio che provavo io.
Le mie azioni erano il risultato di un divertente capovolgimento dell’importanza della purezza sessuale. Credevo di essere femminista rifiutando l’idea obsoleta di aspettare l’amore, ma essere motivata dalla voglia di smentire queste idee obsolete dimostra che quelle aspettative continuavano a influenzarmi. Come sa chiunque abbia praticato la psicologia inversa su un bambino, agire contro lo status quo solo perché è lo status quo ti rende facilmente manipolabile. Come con il cerchio incantato, un capovolgimento che mantiene comunque il potere. La donna virtuosa una volta custodiva gelosamente la propria verginità per dimostrare che era pura. Adesso può essere più interessante buttarla via per dimostrare di non credere nella purezza. Una volta sottostava agli stereotipi di genere per senso di appartenenza; ora viene valorizzata per far sesso come lo fanno gli uomini secondo lo stereotipo, anche se forse più uomini dovrebbero far sesso come si suppone facciano le donne.
Sarebbe ipocrita incolpare il femminismo per la decisione che ho preso quando i difetti della mia personalità hanno avuto un ruolo tanto importante. Tuttavia, sarebbe anche ingenuo pensare che certe fazioni del femminismo sex-positive non abbiano avuto niente a che fare con la mia scelta. Non mi pento di aver perso la verginità in quel modo; non mi ha lasciato ripercussioni e raramente ci penso. Il vero prezzo che ho pagato non è un trauma derivante da quell’incontro, ma la sensazione di imbarazzo che provo riguardo al tema dell’asessualità, l’essere costantemente sulla difensiva perché so come molte persone credono che l’asessualità sia e, per estensione, come sia io. La posta in gioco di questa nuova normatività sessuale non è mai stata che le giovani donne potessero perdere la propria verginità con degli sconosciuti – non mi interessa –, ma che alle donne vengano date più regole su come essere invece che meno. Non sono influenzata da quella storia di una notte, ma dai presupposti che mi ci hanno portato.
Se l’asessualità, mia o altrui, viene fuori in una discussione, deve sempre essere valutata. Mi sembra di non poter dire “Sono ace” e lasciar cadere il discorso; devo sempre combattere l’impulso di aggiungere freneticamente precisazioni su precisazioni.
Uno: L’asessualità non è la stessa cosa dell’astinenza!
Due: Sono asessuale, ma ho anche dei fetish!
Tre: Molte persone ace sono fidanzate!
Quattro: Ho un senso dell’umorismo sconcio e non giudico nessuno!
Non sopporto questi chiarimenti, e neanche essere tentata di usarli. “Sono X, ma Y” mette sempre con le spalle al muro. “Sono una ragazza, ma una di quelle forti!” sottolinea la visione predefinita che le ragazze non sono forti. “Sono asessuale, ma ho delle perversioni e non sono casta” è un insulto per chi pratica il sesso tradizionale o l’astinenza. “Sono asessuale, ma non nel modo noioso che pensi” è ancora una volta una frecciatina, un sottile rafforzamento di tutte le lezioni che ci sono state insegnate su cosa significa la frigidità. L’astinenza può essere sessualizzata perché la presunta restrizione implica un ricco appetito nascosto. Dopotutto, Eva è la donna che ha morso la mela. Può risultare interessante essere una donna genuina con un grande appetito che si trattiene dal soddisfare. Non è interessante, invece, non avere alcun appetito. Sarebbe solo il nulla.
Niente di tutto ciò vuole minimizzare il buon lavoro svolto dalle femministe sex-positive. È sempre valsa la pena sostenere l’assunto che le donne meritino l’uguaglianza sessuale. Grazie all’attivismo, l’educazione sessuale è diventata più completa e le famiglie alternative e LGBTQ+ sono state più accettate[19]. Il movimento sex-positive ci ha dato riviste erotiche gestite da donne lesbiche come On Our Backs (il nome è una parodia della rivista contro la pornografia Off Our Backs) e il leggendario sexy shop di proprietà di una donna Good Vibrations. Il sesso può chiaramente diventare una fonte di positività e le donne possono muoversi anche in situazioni con dinamiche di potere complicate.
Le vittorie conquistate con fatica non significano che la lotta contro la disuguaglianza sessuale sia finita. Oltre questi angoli di mondo liberale – e anche al loro interno – le vecchie idee ancora reggono; le donne eccitate sono ancora temute e vengono respinte per aver fatto sentire la propria voce. L’articolo che esplora la “recessione sessuale” ha evidenziato che, nonostante l’entusiasmo per la nuova libertà sessuale, le persone giovani sono ancora ansiose e insicure su come sia meglio agire[20]. Le mie amicizie allosessuali più femministe mi dicono di vergognarsi, interiormente, di essere troie, nonostante sappiano anche di non aver fatto nulla per cui vergognarsi.
Feeling Myself, Euphoria e ogni esempio qui fatto hanno valore. Sono d’accordo con Samantha di Sex and the City quando dice che ogni persona dovrebbe indossare quello che vuole e fare pompini a chiunque voglia (se c’è consenso). Testi espliciti e contenuti riguardanti la libido non sono un problema, ma che questo tipo di contenuti sia spinto senza sosta negli spazi giovani, liberali e queer, dominando al loro interno, lo è. La predominanza di qualsiasi idea può essere dannosa. Può distorcere il messaggio.
Quindi anche l’altra parte ha bisogno di attenzione. Non è necessario seguire le orme della MacKinnon e della Dworkin – non condivido le loro opinioni sul porno, sul BDSM o sul sex work – ma vale la pena rivisitare il loro approccio critico verso il sesso. In effetti, il cambiamento potrebbe essere già iniziato.
Nel 2015, il New York Times Magazine ha pubblicato un articolo intitolato The Return of the Sex Wars che trattava le argomentazioni femministe su come affrontare le aggressioni sessuali nei campus[21]. Due anni dopo, il movimento #MeToo ha incoraggiato ulteriori analisi sui pericoli del sesso e dell’aggressività sessuale, con qualche persona che afferma che l’iniziativa sia andata troppa in là e altre che invece sostengono l’esatto contrario. Andrea Dworkin, figura che una volta veniva menzionata dalle donne per dire di essere femministe, “ma non come lei”, è l’ultima voce ad essere stata rivalutata. Nel 2019 è stata ripubblicata una raccolta dei suoi scritti.
La cosa importante ora, come scrive Breanne Fahs, professoressa di studi di genere presso la Arizona State University, è integrare queste prospettive, che rappresentano quello che il filosofo Isaiah Berlin chiamava i due tipi di libertà: positiva e negativa, o “libertà di” e “libertà da”[22]. Le femministe sex-positive si sono concentrate sulla “libertà di”: libertà di fare sesso, di divertirsi, di fare quello che fanno gli uomini senza l’ingiusta inibizione causata dal doppio standard. E avevano ragione. Le femministe sex-negative, invece, si erano dedicate alla “libertà da”: libertà dall’essere trattate come oggetti sessuali, dal sentirsi obbligate a fare sesso per dimostrare di essere forti, dall’idea che il sesso sia bello di base. La sessualità personale trasgressiva non dovrebbe essere il prezzo per entrare negli spazi radicali e la liberazione sessuale non dovrebbe essere la sintesi della liberazione femminile. Anche loro avevano ragione, ma hanno ricevuto meno attenzione.
Tutti questi punti di vista meritano considerazione. Io, per esempio, non sono pro-sesso. Non sono né sex-positive né negative. Sono a favore del piacere, che non implica per forza il sesso, e sono a favore della scelta sessuale – una scelta reale. Non è abbastanza dire che ogni persona dovrebbe fare solo quello che vuole. È un luogo comune che chiunque può ripetere a pappagallo e che ignora i modi in cui la società ci spinge a desiderare certe cose. Facciamo un passo indietro. Mostrateci esempi di donne potenti e invidiabili, dichiaratamente non interessate al sesso, sicure della propria decisione e non costantemente messe in discussione dagli altri. Non rinforzate il nuovo cerchio incantato con commenti su come il poliamore sia più evoluto della monogamia, o guardando dall’alto in basso il sesso tradizionale. Smettete di presumere che il comportamento sessuale debba essere collegato alle credenze politiche o che l’eccitazione sia un interessante lato della personalità. Questo è più vicino a ciò che intendo con scelta reale.
Io sono ciò che la studiosa di sessualità Lisa Downing chiama “critica del sesso”[23], consapevole sia del libero arbitrio delle donne che delle continue disuguaglianze della società. È possibile incoraggiare le altre persone a sperimentare e allo stesso tempo fidarsi quando dicono che il sesso non fa per loro. Non si dovrebbe venire esaltate né se si fa sesso trasgressivo né se si ha un numero di partner molto basso. Bisognerebbe essere celebrate a prescindere se, al meglio delle proprie capacità, si fanno delle scelte libere da condizionamenti – e si lavora anche per cambiare le strutture sociali e politiche in modo da consentire a tutto il mondo di avere la stessa libertà sessuale e di ogni altro tipo.
Tutto questo è ciò che avrei voluto sapere a ventidue anni, quando ero nervosa, ansiosa e insicura di me, disperata nel tentativo di inserirmi in quel cerchio incantato e terrorizzata dalla mia vulnerabilità. Ho ottenuto proprio quello che volevo, ho scritto sul mio diario subito dopo quell’avventura di una notte. Ho sempre avuto il controllo e ho ancora Henry, che amo con tutto il cuore. Quindi ho ottenuto quello che volevo, ma – ovviamente – quella decisione a distanza di anni sembra diversa. Adesso vorrei aver desiderato qualcos’altro, qualcosa che non fosse avere sempre il controllo, respingere Henry o usare la sessualità per mettermi alla prova.
[1] Rebecca Traister, “Why Consensual Sex Can Still Be Bad,” Cut, October 20, 2015, https://www.thecut.com/2015/10/why-consensual-sex-can-still-be-bad.html.
[2] Nan D. Hunter, “Contextualizing the Sexuality Debates: A Chronology 1966–2005,” in Sex Wars: Sexual Dissent and Political Culture (10th Anniversary Edition), ed. Lisa Duggan and Nan D. Hunter (New York: Routledge, 2006), 22. Hunter, “Contextualizing the Sexuality Debates,” 23.
[3] Lisa Duggan, “Censorship in the Name of Feminism,” Sex Wars: Sexual Dissent and Political Culture (10th Anniversary Edition), ed. Lisa Duggan and Nan D. Hunter (New York: Routledge, 2006), 32.
[5] Ellen Willis, “Lust Horizons: Is the Women’s Movement Pro-Sex?” No More Nice Girls: Countercultural Essays (Minneapolis: University of Minnesota Press, 2012), 6–8.
[6] Chloe Hall, “It’s 2019 And Women Are Horny As Heck,” Elle, January 24, 2019, https://www.elle.com/culture/a26006074/women-horny-2019.
[7] Tracy Egan Morrissey, “The Year Women Got ‘Horny,’” New York Times, December 13, 2019, https://www.nytimes.com/2019/12/13/style/horny-women.html
[8] “Totally Soaked,” The Cut, 2019. https://www.thecut.com/tags/totally-soaked.
[9] Framboise, “No True Sex Positive Feminist,” The Radical Prude, March 25, 2012, https://radicalprude.blogspot.com/2012/03/no-true-sex-positive-feminist.html.
[10] Framboise, “No True Sex Positive Feminist.”
[11] Gayle Rubin, “Thinking Sex: Notes for a Radical Theory of the Politics of Sexuality,” in Pleasure and Danger: Exploring Female Sexuality, ed. Carole S. Vance (Boston: Routledge & Kegan Paul, 1984), 267–311.
[12] Elisa Glick, “Sex Positive: Feminism, Queer Theory, and the Politics of Transgression,” Feminist Review, no. 64 (Spring 2000): 19–45, www.jstor.org/stable/1395699.
[13] Yasmin Nair, “Your Sex Is Not Radical,” Yasmin Nair, June 27, 2015. http://yasminnair.net/content/your-sex-not-radical.
[14] Rubin, “Thinking Sex.”
[15] Glick, “Sex Positive.”
[16] Rafia Zakaria, “Sex and the Muslim Feminist,” New Republic, November 13, 2015, https://newrepublic.com/article/123590/sex-and-the-muslim-feminist
[17] Zakaria, “Sex and the Muslim Feminist.”
[18] Nair, “Your Sex Is Not Radical.”
[19] Breanne Fahs, “‘Freedom To’ and ‘Freedom From’: A New Vision for Sex-Positive Politics,” Sexualities 17, no. 3 (2014): 267–90, https://doi.org/10.1177/1363460713516334.
[20] Julian, “Why Are Young People Having So Little Sex?”
[21] Emily Bazelon, “The Return of the Sex Wars,” New York Times Magazine, September 10, 2015, https://www.nytimes.com/2015/09/13/magazine/the-return-of-the-sex-wars.html.
[22] Fahs, “‘Freedom To’ and ‘Freedom From.’”
[23] Lisa Downing, “What Is ‘Sex-Critical’ and Why Should We Care about It?,” Sex Critical, July 27, 2012, http://sexcritical.co.uk/2012/07/27/what-is-sex-critical-and-why-should-we-care-about-it.
[a] Pipa, tubo, ma anche sesso. Un modo di dire non traducibile letteralmente in italiano.
[b] https://it.wikipedia.org/wiki/White_Anglo-Saxon_Protestant
[c] https://it.wikipedia.org/wiki/United_States_Immigration_and_Customs_Enforcement