In salute ed in malattia

Questo articolo è la traduzione del capitolo 2-6 “in sickness and in health” del libro di Angela Chen “Ace. What asexuality reveals about desire, society and the meaning of sex“. I titoli dei paragrafi, le immagini e le didascalie sono stati aggiunti nella fase di pubblicazione per facilitare la lettura su uno schermo.

Una sedia a rotelle non può essere nascosta

Per Cara Liebowitz, attivista per i diritti della comunità disabile e asessuale con una paralisi cerebrale, la sua sedia a rotelle è un evidente segno distintivo, una di quelle diversità che si hanno fin dalla nascita. Un programma educativo personalizzato. Dover lasciare l’aula “cinque minuti prima per non essere travolta”. Dover continuamente andar via da lezione per fare fisioterapia. Anche la sessualità è diversa, per Cara, rispetto a com’è per le persone abili della sua età. “Comunque nessuno mi trova sessualmente attraente”, dice. Nessuno, mi riferisce Cara, pensa che una donna disabile in sedia a rotelle possa essere interessata a fare sesso.

Non esiste nessuna formula magica infallibile per capire come la sessualità e la salute interagiscano tra loro, ma questo non ha impedito alle persone di credere a un’elegante ma scorretta affermazione: le persone che non vogliono fare sesso sono malate, e le persone malate – cioè portatrici di un handicap mentale o fisico, o diverse in qualche modo – non vogliono fare sesso.

Agli estranei, Cara, che si identifica come asessuale, sembra confermare questa convinzione sbagliata. Tuttavia, per le persone nelle comunità disabile e asessuale rappresenta una contraddizione. La sua identità l’ha messa in contrasto con entrambi i gruppi, ognuno dei quali viene emarginato in maniera diversa riguardo al sesso. La comunità disabile combatte da molto tempo l’idea che le persone con un handicap siano – o dovrebbero essere – asessuali. La comunità ace lotta da quando è nata per provare che l’asessualità non ha nulla a che fare con la disabilità.

Una donna disabile asessuale complica entrambe le agende politiche ed è proprio in una situazione come questa che le questioni di legittimità e senso di lealtà all’interno del gruppo si fanno più forti. Entrambe le comunità hanno buone intenzioni, ma i gruppi “ti scaricano agli altri come una patata bollente”, riporta Clara, che mentre parliamo su Skype lavora a maglia e indossa una maglietta nera con la scritta PISS ON PITY[a] “e non riesci trovare il posto a cui appartieni”.

Basso desiderio uguale a malattia?

È una situazione complicata, quindi per prima cosa esaminiamo l’idea che le persone che non vogliono fare sesso siano malate. I medici occidentali si preoccupano del “problema” di avere un basso desiderio sessuale almeno dal tredicesimo secolo, quando Papa Gregorio IX scrisse della frigidità. A quell’epoca, afferma in un’intervista la studiosa Alison Downham Moore, coautrice di Frigidity: An Intellectual History, la frigidità era considerata un disturbo maschile simile all’impotenza e non sarebbe passata a essere un problema legato al desiderio psicologico femminile prima del diciannovesimo secolo. Il motivo per cui è avvenuto questo cambiamento è “un po’ un mistero”, aggiunge.

Oggi le persone che insistono nel dire che un basso desiderio sessuale sia una forma di disfunzione medica hanno come utile alleato il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), la Bibbia statunitense della diagnosi psichiatrica. Dal 1980 il manuale ha incluso una diagnosi che una volta era chiamata “disturbo da desiderio sessuale inibito” e, dopo aver cambiato nome diverse volte, è ora più comunemente indicato come “disturbo da desiderio sessuale ipoattivo” o HSDD[1]. (Nel DSM-5 il disturbo è suddiviso in forme maschili e femminili, ma concentriamoci sull’HSDD per semplificare le cose)[2]. Dato che non esiste un biomarcatore per l’HSDD, i criteri diagnostici sembrano essere piuttosto simili a quelli di quando ci si preoccupava della frigidità secoli fa: la persistente mancanza di fantasia e interesse sessuali[3]. Sembrerebbe asessualità.

Con una diagnosi come questa non c’è da stupirsi se l’asessualità è ampiamente considerata una malattia da curare. I vecchi trattamenti per la frigidità, come sfregare del vino sui genitali[4], oggi sembrano ridicoli, ma il DSM gode dell’autorità della medicina moderna e dell’influenza dell’establishment scientifico. Nonostante la preoccupazione per il basso desiderio sessuale probabilmente continuerebbe a esistere se il DSM sparisse domani, l’esistenza della diagnosi dell’HSDD legittima e aggrava queste preoccupazioni. L’ufficialità del DSM incoraggia le persone a chiedere agli asessuali, e gli asessuali a chiedere a se stessi, se si è sicuri di non essere malati e di non aver bisogno di una cura.

Il business della libido (femminile)

E come piacerebbe alle compagnie farmaceutiche venderci una cura! I sintomi di HSDD non sono rari, specialmente tra le donne, che sono le prime a ricevere questa diagnosi. Uno studio del 2008 su 31.000 donne ha rilevato che il 10% di loro potrebbe rientrare nei criteri diagnostici[5]. Combiniamo questo risultato con la paura di veder fallire la propria relazione, per non parlare del messaggio per cui il sesso sia necessario per una vita salutare[6] e che sia un dovere morale di ogni individuo[7], e la compagnia che può fornire una soluzione sarà una compagnia ricca.

Addyi, il “Viagra rosa”

La lista dei dispositivi che si è tentato di creare per incrementare la libido delle donne è esaustiva e intelligente. (Non si può dire lo stesso per i trattamenti per gli uomini, in parte perché gli stereotipi sessuali portano le persone a non essere a proprio agio con l’idea di un incremento del desiderio maschile). Le compagnie farmaceutiche hanno provato a lavorare sugli ormoni; Procter & Gamble ha creato un cerotto al testosterone per trattare il basso desiderio sessuale nelle donne, ma l’Agenzia per gli alimenti e i medicinali (FDA) ha respinto il progetto per questioni di sicurezza[8]. Hanno allora provato a puntare sui genitali creando prodotti come EROS, dispositivo di terapia clitoridea, ossia una sorta di vibratore progettato per migliorare il flusso sanguigno alla clitoride e ai genitali esterni in generale[9]. È ancora in circolazione, ma non ha mai avuto successo. Infine, le compagnie hanno provato ad agire sul cervello. L’azienda farmaceutica Pfizer, produttrice del viagra, ha condotto uno studio di otto anni su tremila donne per capire se lo stesso farmaco che eccitava gli uomini avrebbe fatto desiderare alle donne di fare sesso. Non ne fu in grado, e Mitra Boolell, leader del team di ricerca sul sesso della Pfizer, ha dichiarato al New York Times che i ricercatori stavano lasciando da parte lo studio sui genitali delle donne perché era il cervello il loro vero organo sessuale[10].

Vyleesi

Negli ultimi cinque anni, la FDA ha approvato due nuovi farmaci per l’aumento della libido femminile che agiscono sul cervello. Nel 2015, ha promosso l’Addyi, un antidepressivo fallimentare[11] che è stato riconfezionato e rinominato il “Viagra rosa”[12]. L’Addyi è stato sostenuto da una campagna finanziata dai farmaci chiamata Even the Score, che è il primo esempio di femminismo usato per vendere prodotti di dubbio successo. Even the Score ha sostenuto che sarebbe stato femminista approvare questo farmaco perché è destinato al piacere femminile, a prescindere da tutte le complicazioni: le donne dovevano prendere la pillola ogni giorno, non potevano consumare alcol durante il periodo di assunzione e sperimentavano effetti collaterali tra cui nausea e svenimenti. E dopo tutto questo, creava solo un mezzo “rapporto sessualmente soddisfacente” in più al mese[13]. Fortunatamente l’Addyi fallì, anche se non per un’opposizione ai farmaci della libido[14]. La scarsa efficacia, la disorganizzazione della casa farmaceutica e il divieto di bere alla fine resero l’opzione poco attraente.

Poi c’è il Vyleesi, una soluzione che agisce sul cervello che la FDA ha approvato nel 2019[15]. Non ha tante restrizioni come l’Addyi, ma richiede che le donne debbano farsi un’iniezione nella pancia o nella coscia quarantacinque minuti prima di voler far sesso. Provoca anche nausea e ancora una volta non è chiaro se funzioni bene o meno. Nel complesso, prendere il Vyleesi non ha prodotto in modo significativo più “rapporti sessualmente soddisfacenti”[16]. Questo può essere abbastanza per la FDA, ma non lo è per una persona scettica come me. Nonostante la richiesta per dei booster libidici e nonostante la disperazione delle case farmaceutiche per crearne, non esiste alcun dispositivo efficace per l’aumento della libido. Quando ci sarà lo sapranno tutti, credetemi. Le compagnie parafarmaceutiche se ne assicureranno.

Quell’episodio di Dr. House

L’autorità medica può essere potente anche quando è immaginaria. I medici incoraggiano le persone asessuali a chiedersi se sono malate e diagnosticano e fanno dichiarazioni senza preoccuparsi minimamente di ciò che potrebbero pensare. Forse niente descrive meglio l’atteggiamento per cui l’asessualità sia un’illusione di malessere dell’episodio L’altra metà della popolare serie tv Dr. House – una puntata così famosa tra gli ace da essere colloquialmente conosciuta come “quell’episodio di Dr. House”, accompagnato da una smorfia.

Il dottor Gregory House non è, si sa, un uomo sensibile. Dopo aver sentito parlare della paziente asessuale di un suo collega, la prima cosa che gli viene in mente è chiedere se la donna sia una vasca immensa di alghe o un “cesso”. Fortunatamente, gli showrunner hanno intuito – a ragione – che le persone avrebbero pensato che una donna asessuale brutta mentisse per questioni d’orgoglio e l’hanno resa una donna con ogni caratteristica della bellezza convenzionale – lunghi capelli biondi e mossi, curve fasciate da un aderente maglioncino rosa – per evitare proprio questo problema. Tutto ciò indica che quando una donna è bionda e carina, l’asessualità semplicemente non è possibile.

House quindi scommette cento dollari con il suo collega che può trovare una ragione medica per il presunto orientamento sessuale della donna. “Molte persone non fanno sesso” dice House, ma dato che il sesso è la spinta di base della nostra specie, “le uniche persone che non lo vogliono sono malate, morte o bugiarde”.

Dr. House. Episodio 9 dell’ottava stagione “L’altra metà” (Better half, in originale), messo in onda la prima volta negli USA il 23 gennaio 2012

A quanto pare, House è due cose su tre e non ha nemmeno bisogno di fare riferimento al DSM per avere ragione. La donna non è morta, ma non è neanche asessuale. Sta fingendo di esserlo perché ama il marito asessuale. Ma il fatto è che nemmeno suo marito lo è. La sua mancanza di desiderio è causata da un tumore al cervello che può essere facilmente curato, il che significa che con il rapido intervento della scienza i due potranno presto godersi il sesso coniugale eterosessuale che è loro dovuto. House vince la scommessa e si congratula con il collega per aver portato i pazienti alla sua attenzione, avendo così “corretto il tiro a una visione del mondo gravemente sballata di due persone”. Come dice lui, è “meglio aver trombato e perso che non aver trombato mai”.

Trasmesso per la prima volta nel 2012, L’altra metà rimane una delle più importanti rappresentazioni dell’asessualità in una serie di successo. Per molti è stata l’introduzione a questo orientamento “gravemente sballato”. Anche oggi, quando dico che sto scrivendo un libro sull’asessualità, molti allosessuali menzionano l’episodio, aggiungendo timidamente che li confondeva allora e che continua a confonderli adesso.

Qualsiasi spettatore di Dr. House sa che l’arroganza del personaggio è una caratteristica della serie, non un errore. Non deve essere gentile e nessuno si aspetta che sprechi tempo a preoccuparsi dei sentimenti altrui. Ma House deve essere brillante e autorevole, un genio che riesce a vedere al di là delle persone umili e le riprende per le loro stronzate. I compiaciuti aha moments sono divertenti quando è un esperto nell’individuare misteriosi segnali di avvelenamento da oro, ma meno quando le sue illazioni contribuiscono all’idea che non ci si può fidare delle persone asessuali che raccontano la propria esperienza personale. L’obiettivo dell’incredulità di House rivela fino a che punto la sessualità imposta sia accettata. Lui non è reale, ma le persone che hanno scritto quell’episodio lo sono e hanno pensato che andasse bene approvare quella storyline, portando avanti l’idea che le persone nello spettro asessuale debbano smettere di farsi delle illusioni. Un medico geniale dice così, quindi il resto di noi dovrebbe ascoltare e sospettare. In questo mondo, che è il nostro mondo, l’asessualità non esiste; è o una menzogna o una malattia.

L’eccezione asessuale nel DSM

Perciò, qual è la differenza tra HSDD e asessualità, o ancora tra HSDD e un livello “normale” di basso desiderio? Nel corso degli anni ci sono stati molti tentativi di separare le due cose. Uno è il criterio di “angoscia” che è stato aggiunto a quasi tutte le diagnosi del DSM nel 1994[17]. L’idea è che le persone che soffrono per via del basso desiderio sessuale hanno l’HSDD, mentre chi ha gli stessi “sintomi” e sta bene con se stesso no. Nel 2008, poi, degli attivisti ace hanno creato una task force che raccomandava al comitato del DSM di non diagnosticare un disturbo del desiderio ai pazienti che si identificavano come asessuali[18]. Dal 2013, il DSM ha incluso questa cosiddetta eccezione asessuale[19].

Ogni maldestro tentativo di separare il problema medico dell’HSDD da un basso desiderio privo di complicazioni è risultato insoddisfacente. Le persone sperimentano malessere non perché la condizione stessa sia un problema, ma perché il pregiudizio rende le loro vite molto più difficili. Generalmente, le persone trans e omosessuali hanno una salute mentale peggiore rispetto a quelle cis ed etero[20] – non perché essere gay o trans sia una malattia, ma perché il bigottismo causa sofferenza e si ripercuote sulla loro salute mentale. Per le persone ace è lo stesso. Per quanto riguarda l’eccezione asessuale, la sua esistenza richiede ragionamenti piuttosto intricati. Dire che qualcuno ha l’HSDD a meno che non si identifichi come ace è come dire che qualcuno che prova attrazione omosessuale ha una condizione psichiatrica a meno che non si identifichi come omosessuale. Questa eccezione è meglio di niente, ma provare attrazione per persone dello stesso sesso o non provare affatto attrazione non sono malattie indipendentemente da quali parole scegliamo di usare per descrivere l’esperienza.

Le caratteristiche che davvero separano la malattia psichiatrica dall’orientamento asessuale non sono il livello di attrazione sessuale, dei biomarcatori o qualsiasi sensazione di disagio. Molte differenze sono sociali, spiega il ricercatore asessuale Andrew Hinderliter in un articolo sull’argomento[21]. L’HSDD e l’asessualità hanno diverse origini intellettuali, diversi approcci e diverse interpretazioni.

I disturbi del desiderio appartengono al campo medico della sessuologia, mentre l’esplorazione dell’identità sessuale è strettamente legata agli studi queer e a un discorso di giustizia sociale. I disturbi della libido riguardano una conoscenza medica verticale in cui i medici sono le ultime autorità nella diagnosi. La comunità ace incoraggia l’esplorazione personale, enfatizzando che ognuno deve decidere per sé se è asessuale o meno. Ho detto ad altri che la loro esperienza è in linea con quella di molte altre persone dello spettro ace. Non ho mai “diagnosticato” l’asessualità a qualcuno o fatto pressione perché si definisse così.

Ancora più importante, la differenza sta nelle convinzioni della gente riguardo le conseguenze di avere una bassa libido. I disturbi del desiderio parlano di vedere la differenza e definirla un problema. L’asessualità, invece, abbraccia la diversità ed evita di parlare di disagio, anche se essere asessuale può essere un inconveniente. Io e molte altre persone ace semplicemente non crediamo che ci sia qualcosa di sbagliato nell’avere un basso desiderio o una mancanza di attrazione sessuale. Non crediamo che ci sia un qualche obbligo morale di impegnarsi per aumentare la propria libido. Voler far sesso non dovrebbe essere un indicatore di salute o umanità.

Andando oltre, l’attivista ace CJ Chasin critica l’idea che le persone dovrebbero accettare di essere asessuali (o di avere un basso desiderio) solo se non possono diventare più sessuali. È un’idea comune anche tra ricercatori e terapisti ace-friendly e nella comunità stessa. “Ma diresti una cosa del genere a una lesbica?” chiede Chasin. Diresti che se può diventare etero così sia, ma se non può allora verrà aiutata ad accettare di essere omosessuale? “Non dovrebbe importare se qualcuno può essere cambiato o meno; dobbiamo smettere di pensare che le persone dovrebbero cambiare, che è meglio voler far sesso, che potremmo accettare l’asessualità solo se non si può fare altrimenti” continua Chasin. “Lo stesso discorso vale per le persone trans e non-binary; aborro l’idea che dovremmo accettare le persone trans o di qualsiasi genere solo se non possono diventare cis. Non ha senso”.

Chasin ha ragione nel dire che nessuno dovrebbe sentire la pressione di essere più sessuale, a prescindere dal fatto che sia possibile o meno. Tuttavia la libertà di scelta è importante e se un farmaco per l’aumento della libido sicuro ed efficace esistesse, io non cercherei di impedirne l’accesso, nonostante dovrebbe essere usato solo dopo essersi pienamente informat* e venduto senza farlo passare per una cura. Come ha detto la sessuologa Barbara Carrellas a The Outline, un farmaco come il Vyleesi dovrebbe essere definito come un dispositivo per aumentare il piacere, non come una soluzione a un problema medico[22].

Io non sono nemmeno contraria alle diagnosi in modo categorico. La comunità può aver bisogno delle diagnosi, così come dell’assicurazione sanitaria necessaria per accedere alle cure specialistiche. Allo stato attuale, però, il trattamento più utile per l’HSDD è la solita vecchia terapia, non una pillola magica. È difficile per me vedere lo scopo di una diagnosi che rafforza l’idea che tu non stia bene da un punto di vista medico invece di indirizzarti a dei servizi utili.

Se dovessi iniziare a identificarmi come una donna allosessuale con l’HSDD domani, la più grande differenza sarebbe che mi sentirei peggio con me stessa. Potrebbero prescrivermi l’Addyi o il Vyleesi, ma il processo richiede tempo e denaro e i farmaci probabilmente non funzionerebbero nemmeno. Potrei saperne di più sull’HSDD, ma molto del materiale online si concentra su quanto devastante sia questa condizione, il che aiuta ben poco una mente ansiosa che già si preoccupa di ogni imperfezione. La diagnosi di HSDD è inutile se esiste un modo di pensare alternativo e affermativo, che può essere identificarsi come asessuali o semplicemente pensare che avere un basso desiderio non sia una malattia. Rifiutare una diagnosi medica non significa neanche essere costretti a essere felici in una data situazione. Di nuovo, è possibile provare malessere per qualcosa – è pieno di asessuali angosciat* per il fatto di esserlo – senza che la causa di questo sia un problema in sé e per sé.

Molt* ace prima erano allosessuali a cui era stato diagnosticato un disturbo (e a cui erano stati prescritti ormoni off-label) prima di imparare cosa fosse l’asessualità e di decidere che stavano bene così com’erano. Un cambio di prospettiva è tutto quello che serve per passare dall’uno all’altro, da malato a sano, da disturbato a diverso. In effetti, le critiche sul fatto che l’HSDD sia un costrutto sociale sono tutt’altro che nuove e la natura sociale della divisione è confermata anche dalla ricerca. Secondo uno studio del 2015 che confrontava persone auto-identificatesi come asessuali e allosessuali con un diagnosticato disturbo del desiderio, in generale, il primo gruppo aveva una libido più bassa del secondo, ma si sentiva meglio con se stesso[23]. È una distinzione piuttosto confusa, perciò non sorprende che la vaghezza sia sempre stata una caratteristica del DSM.

Mettiamo insieme alcuni criteri, approviamoli tramite voto e qualsiasi cosa può diventare un disturbo psichiatrico riconosciuto, il che significa che il manuale è stato a lungo uno specchio di pregiudizi che oggi farebbero inorridire molte persone. Cinquant’anni fa un uomo che voleva far sesso con altri uomini sarebbe stato classificato come mentalmente disturbato e questo sarebbe stato supportato dall’aggiunta dell’omosessualità al DSM, dove è rimasta fino agli anni ’80[24]. Oggi un uomo con scarso interesse per il sesso di coppia viene ancora considerato un malato psichiatrico. Entrambe le diagnosi derivano da una mentalità chiusa.

Il caso di Carrie Buck

Mentre la comunità asessuale ha combattuto l’idea di essere malata, le persone disabili hanno cercato di dimostrare di non essere asessuali. Per descrivere chi crede che le persone che sono malate non vogliono (o non dovrebbero) fare sesso, ho giusto sei parole: tre generazioni di imbecilli sono abbastanza. Il leggendario giudice della Corte Suprema Oliver Wendell Holmes Jr. scrisse questa frase, scioccante nella sua schiettezza, nel 1927, per supportare il diritto di sterilizzare con la forza tutti gli “inadeguati”[25].

Carrie Buck

L’“imbecille” in questione, Carrie Buck, era nel mezzo di queste tre generazioni, figlia di una donna che non rispettava gli standard di rispettabilità. In giovane età, Carrie era stata separata dalla madre, Emma, e mandata a vivere con i più distinti John e Alice Dobbs. Quando Carrie aveva diciassette anni fu stuprata dal nipote dei suoi genitori adottivi. La gravidanza che ne conseguì mise John e Alice in una posizione delicata. Per proteggere il nipote, decisero di sacrificare Carrie – etichettandola come “debole di mente” senza nessuna prova e nonostante fosse molto intelligente e non si fosse mai messa nei guai a scuola – e metterla nella Clinica per epilettici e deboli di mente della Virginia. Ricoverare Carrie non fu particolarmente difficile, spiega il giornalista Adam Cohen in Imbeciles: The Supreme Court, American Eugenics, and the Sterilization of Carrie Buck[26]. I cambiamenti demografici razziali dell’epoca alimentavano la paura dei ricchi bianchi al potere. L’eugenetica, ossia l’idea che la società potesse migliorare se agli inadeguati fosse stato impedito di riprodursi, “sembrava essere una soluzione perfettamente razionale davanti alla presunta minaccia di un mondo invaso da persone immeritevoli. Era un’idea portata avanti dai migliori pensatori, insegnata nelle università della Ivy League e persino il soggetto di una canzone chiamata Love or Eugenics che F. Scott Fitzgerald scrisse quando era uno studente di Princeton.

(“Men, which would you like to come and pour your tea / Kisses that set your heart aflame / Or love from a prophylactic dame?” – “Uomini, vorreste che venissero a versarvi il tè / Baci che ti infiammano il cuore / O l’amore di una donna profilattica?”) “Inadeguati”, comunque, poteva significare qualsiasi cosa che ai potenti non andava a genio. Poteva semplicemente significare “non privilegiati”. Per esempio, gli studi dei migliori ricercatori hanno suggerito che fino al 98% delle prostitute aveva un’intelligenza “subnormale”[27].

In seguito al suo ricovero presso la clinica della Virginia, Carrie divenne la querelante del caso Buck vs. Bell, rappresentando l’accusa per cui nessuna persona dovrebbe essere sterilizzata contro la propria volontà. Il caso arrivò alla Corte Suprema. Per Holmes, Carrie – giovane, nubile, presumibilmente promiscua e con un deficit mentale – rappresentava la visione di un’America che non poteva esistere, perciò deliberò a favore dell’eugenista John Bell, il sovrintendente della casa di cura. C’era solo una voce contraria, perciò Carrie venne sterilizzata. Il caso fu citato dai nazisti mentre sviluppavano il proprio programma eugenetico[28]. La sentenza non è mai stata ribaltata.

Molte persone che leggono del caso Buck vs. Bell per la prima volta rimangono inorriditi dal fatto che i Dobbs abbiano mentito sull’intelligenza di Carrie, ma non importa se fosse davvero “debole di mente” o no. Sterilizzarla con la forza ha violato la sua autonomia decisionale riguardo il proprio corpo e il caso sarebbe stato altrettanto orribile se lei avesse sofferto davvero di una disabilità intellettiva o di epilessia. Buck vs. Bell è uno delle verdetti più strazianti decisi dalla Corte Suprema, un continuo promemoria della storia dell’eugenetica negli Stati Uniti.

Disabile non vuol dire asessuale

Le persone con disabilità sono uno dei gruppi che il mondo dà per scontato essere asessuali o cerca di renderlo tale, a prescindere dai loro pensieri e desideri. “La desessualizzazione è un processo che separa la sessualità dai corpi disabili, rendendola irrilevante e incompatibile con loro, dato che si suppone che queste persone non possano essere desiderate e che la disabilità porti all’incapacità sessuale” scrive l’esperta in studi di genere Eunjung Kim, che ha condotto importanti ricerche su disabilità e asessualità[29].

Può sembrare che la desessualizzazione delle persone disabili confuti la sessualità imposta, ma in realtà rivela le sfumature del modo in cui essa funziona. Essa è una credenza per cui è “normale” essere libidinosi. Il rovescio della medaglia è che i gruppi già percepiti come “meno normali” – come gli anziani, le persone autistiche, gli uomini asiatici, lo stereotipo razzista della mammy o le persone disabili – vengono desessualizzati, non considerati sessualmente attraenti ed etichettati come privi di desiderio. Le donne disabili di bell’aspetto possono venire colpevolizzate e spinte alla castità, può venir loro detto di rimanere vergini, ma i loro corpi sono comunque desiderati, usati come oggetti di scena nei film e per vendere birra. I corpi di chi ha una disabilità fisica, però, sono generalmente visti come anomali e brutti – e le persone disabili sono considerate eternamente infantili, bambin* che non sono certo pronti per il sesso – quindi l’idea che abbiano un desiderio sessuale è disgustosa. Come ha affermato l’accademico Tom Shakespeare in The Atlantic, le immagini della disabilità e della sessualità tendono a rappresentare chi ha un handicap come “perverso e ipersessuale”[30], così come fu per Carrie, la sua sessualità era così pericolosa che doveva essere sterilizzata, o asessuale.

Molte persone abili pensano che le disabilità fisiche privino di desiderio sessuale, ma non è sempre così. Uno studio su quasi mille donne ha rilevato che quelle che avevano un handicap fisico segnalavano un livello di libido molto simile a quello delle donne senza alcuna disabilità[31]. Anche chi ha un disturbo intellettivo o rientra nello spettro autistico viene desessualizzato, ritenuto troppo puro o ingenuo per sperimentare il desiderio sessuale. Di conseguenza, i bambini e le bambine disabili sono spesso esclus* dalle lezioni di educazione sessuale, data la convinzione per cui a loro non servirà mai[32], e chi ha una disabilità spesso inizia ad avere frequentazioni in ritardo rispetto alle persone della loro stessa età[33].

Gli stereotipi non sono il solo ostacolo che impedisce loro di esplorare la propria sessualità. I corpi disabili vengono trattati come oggetti e fardelli che gravano su un inclemente sistema sanitario, dice Cara – attivista per i diritti della comunità disabile, asessuale con una paralisi cerebrale. Alle visite mediche il personale medico, infermieristico e fisioterapico le muoveva le gambe in ogni direzione. Si è sottoposta a riabilitazione e operazioni chirurgiche, per cui ha delle cicatrici. “Penso che alle persone disabili, specialmente a quelle che crescono con il loro handicap, non venga insegnato che il loro corpo può essere una fonte di piacere” dice Cara. “È una trafila quotidiana per capire come farò le cose, che poi faccio in maniera diversa dalle altre persone. Almeno due volte al giorno penso ‘Perché ho ancora un corpo?’”.

Allo stesso modo, Jo, ventotto anni, afferma che soffrire fin dalla giovane età le ha impedito di rapportarsi col proprio corpo nello stesso modo in cui fanno tutti. (Jo fa parte delle undici persone disabili asessuali che Karen Cuthbert, ricercatrice sulla sessualità all’Università di Glasgow, ha intervistato per il suo studio su cosa significhi gestire queste due identità)[34]. “Forse ha qualcosa a che fare con il modo in cui vedo i corpi o l’interazione fisica degli altri, in generale”, ha detto Jo alla Cuthbert. Una donna di nome Erin – che soffre di ipermobilità articolare per degli “strani problemi sensoriali” – afferma che a volte si chiede se ci sia semplicemente una disconnessione tra la sua mente e il suo corpo ed è per questo che non vuole avere rapporti sessuali con nessuno.

Tali domande non sono solo limitate alla differenza fisica. Steff, ventidue anni, ha detto alla Cuthbert che aveva dato per scontato che non le interessasse il sesso perché era nello spettro autistico. “Ho incolpato la mia sindrome di Asperger della mancanza di interesse per l’intimità” afferma. “Se non avessi avuto l’Asperger penso che avrei sospettato di essere asessuale molto prima”[35].

Ha perfettamente senso che in risposta a tutto questo – convinzioni sbagliate e maligne, staff medico irrispettoso e vera e propria violenza sanzionata dalla più alta corte degli Stati Uniti – la comunità disabile insista nel dire che le persone con handicap hanno la stessa libido e meritano gli stessi diritti sessuali di chiunque altro. Il gruppo Yes, We Fuck! ha girato un documentario incentrato su disabilità e sessualità[36]. Podcast come Disability After Dark di Andrew Gurza trattano lo stesso argomento[37]. Il film The Sessions del 2012 parla di un uomo disabile che lavora con un surrogato sessuale e ha portato l’attenzione sulla questione, su cui continuano i dibattiti politici[38].

In particolare, la ricercatrice Maureen Milligan e lo studioso Aldred Neufeldt sostengono che l’asessualità tra disabili sia in gran parte un mito, un mito che si autodistrugge e ricrea continuamente. “Le invalidità fisiche e mentali possono alterare in modo significativo il funzionamento, ma non possono eliminare le pulsioni di base o il desiderio di amore, affetto o intimità” scrivono[39]. La Milligan e Neufeldt affermano che anche se le persone con un handicap possono avere meno opportunità di fare sesso, questo non significa che non vogliano farlo. Il problema non è il livello di desiderio, è ciò che la gente pensa della loro libido e di come possa essere una sconfitta.

Asessualità non significa “abilismo”

Ben consapevole di come sarebbe stata percepita dalle persone abili, Cara ha presunto di essere una donna eterosessuale fino ai vent’anni. Dopo che ha iniziato ad avere appuntamenti, Cara si è chiesta se fosse poi vero. Il sesso non era brutto o sconvolgente ma, afferma, “Se si può fare sesso o guardare Netflix, io scelgo Netflix”. Alcune attività sessuali erano gradevoli, ma il piacere non sembrava venire dall’attrazione sessuale. È stato bello come spazzolarsi i capelli o stiracchiarsi, perciò sembrava giusto identificarsi come “da qualche parte nello spettro ace”. L’identità asessuale corrisponde a ciò che sa della sua vita.

Non tutta la comunità ace è stata accogliente con persone come Cara. Specialmente nei primi anni, allontanava completamente le persone disabili asessuali, insistendo sul fatto che avrebbero delegittimato l’asessualità e reso impossibile provare che essa non è legata con (o causata da) la disabilità e la malattia. Anche gli sforzi per aggiungere l’eccezione asessuale al DSM hanno finito per essere sottilmente abilisti, concentrandosi su quanto fossero felici le persone ace. “Invece che sfidare lo stigma contro la malattia mentale e l’asessualità, cerca di liberare l’asessualità dallo stigma della malattia mentale” scrive Kristina Gupta, ricercatrice nel campo degli studi di genere della Wake Forest. “Queste strategie di normalizzazione possono andare a discapito dell’analisi intersezionale e della possibilità di coalizione”[40]. È dura. Allo stesso tempo, Cara si sente anche “una cattiva disabile” perché non vuole fare sesso. “A volte mi sento come se stessi ricalcando gli stereotipi” aggiunge. “Sai, ‘È ovvio che la ragazza in sedia a rotelle non voglia fare sesso, perché chi vorrebbe farlo con lei?’”

Se ci si chiede però da dove “venga” la sua asessualità, non c’è una risposta perfetta. Alcune persone asessuali disabili sanno discernere e sono consapevoli che le due cose non sono correlate. Per Cara, però, non è chiaro se sia asessuale “solo perché sì” o se la paralisi cerebrale abbia in qualche modo avuto un ruolo. “È perché sono cresciuta sotto una campana di vetro?” si chiede. “Nessuno mi ha mai insegnato queste cose?”

La ricerca dell’asessuale perfetto

Esiste una visione dell’asessuale perfetto, uno che non ha mai sentito il bisogno di farsi domande. L’asessuale gold-star, anche chiamato l’asessuale inattaccabile, non ha dubbi sulla propria identità. (Il termine, coniato dalla blogger Sciatrix nel 2010[41], è simile a lesbica gold-star, ossia una lesbica che non ha mai avuto rapporti con un uomo. Questo tipo di asessuale sarà messia per la comunità, la sola persona capace di provare che l’asessualità è legittima semplicemente perché non c’è nessun fattore che possa aver causato la sua mancanza di attrazione sessuale.

Cara non è un’asessuale gold-star. La disabilità è una squalifica automatica, forse una delle più grandi. Gli altri criteri che comportano l’esclusione sono essere sopravvissuti ad abusi o aggressioni sessuali. “Per molto tempo, molte delle voci più rilevanti nella comunità hanno detto e ridetto ‘Non ho subito abusi, non ho nessun trauma, perché si vuole fortemente prendere le distanze da violenze o shock che potrebbero implicare che l’asessualità sia un problema che può essere risolto o curato” afferma KJ Cerankowski, docente di studi di genere all’Oberlin College e coeditor di Asexualities: Feminist and Queer Perspectives. “Il risultato è che le persone con una storia di abusi sessuali o traumi – che non si sa come siano collegati con la loro asessualità – vengono allontanate”.

L’asessuale gold-star ha una salute di ferro da ogni punto di vista, è tra i venti e i quarant’anni (dato che le persone anziane sono considerate asessuali comunque) e cisgender, oltre che sex positive e popolare, scrive Sciatrix[42]. È di bell’aspetto, così da evitare le accuse di essere incel. Non può essere credente, perché vorrebbe dire che è solo repress*. Non si masturba e non ha nessun problema sessuale alle spalle. Forse ha provato il sesso prima, ma poi mai più e non ha mai, mai cambiato idea sull’essere ace né provato la minima curiosità sessuale. (Punti bonus se ha già avuto relazioni stabili prima). L’asessuale gold-star non si preoccuperebbe mai, come invece ha fatto una donna autistica chiamata Kate, che la sua asessualità non “appaia bene” se non ci si mostra abbastanza neurotipici. L’asessuale gold-star non sarebbe autistico, tanto per cominciare. Si adatterebbe sempre. Più che adattarsi: sarebbe amat*.

L’asessualità da dimostrare

L’ossessione per l’origine dell’asessualità, questa pressione che rende quasi impossibile dimostrarla, viene – l’avrai immaginato – dalla convinzione che ogni persona debba essere sessuale, sia da parte della gente in generale che da parte di una specifica comunità. Quando una preferenza o un comportamento è socialmente accettato, alle persone non importa della sua origine, anche quando essa è influenzata in modo simile da vari fattori. Gli scienziati hanno impiegato molto tempo cercando di trovare il “gene gay”[43], ma lo stesso sforzo non è stato fatto per trovare il gene etero. L’eterosessualità è considerata l’ideale, perciò le persone raramente si preoccupano di chiedersi se sia natura o educazione, anche se poi è entrambe le cose e anche se, come ha chiarito Adrienne Rich, è spesso condizionata e non scelta. Essere ace non è l’ideale, perciò la causa di questa anormalità diventa oggetto d’interesse e capire se si potrebbe essere altrimenti dovrebbe accompagnare, nota Chasin, la questione di come una società inclusiva dovrebbe essere.

La sessualità imposta rende l’asessualità incline ai doppi standard. L’eterosessualità non viene considerata falsa se la persona è stata abusata, ma l’abuso infantile è spesso il colpevole automatico dell’asessualità. Le persone etero possono iniziare a identificarsi in maniera diversa senza che la loro eterosessualità venga chiamata “una fase”, ma le persone asessuali – e chiunque non sia etero – hanno meno spazio di manovra per essere fluidi. Qualcuno che, sensibile, non direbbe mai a un uomo gay che non ha ancora trovato la donna giusta, non ci pensa due volte a dire la stessa cosa a una persona ace. I genitori che chiedono a un bambino di cinque anni quale compagnetta vorrebbe come fidanzata chiedono a un altro bambino di cinque anni ace o gay come può già essere sicuro della sua sessualità. Le persone etero raramente vengono trattate come se fossero di vedute ristrette per conoscere il proprio orientamento, ma si presume che quelle asessuali siano insicure e sempre sul punto di trovare qualcuno che gli farà cambiare idea.

Così chi fa parte della comunità ace si spaventa, si chiude a riccio ed esclude chiunque si allontani troppo dall’ideale gold-star rischiando di sollevare troppe domande e far affondare tutta la nave. La conta dei requisiti si somma, creando una lunga lista di criteri che ben poche persone possono soddisfare. 

L’esclusione non funziona. Quelli che sono determinati nell’invalidare l’asessualità troveranno comunque un modo per farlo, usando il DSM, la logica riproduttiva, il dovere di avere figli o qualsiasi altra cosa. Il sogno della comunità ace era di radunare persone con esperienze condivise per aiutarci a ritrovarci, creare risorse e stare bene. Provare ad accontentare ogni bastiancontrario non ci avvicinerà a quegli obiettivi. Quando l’accettazione della propria asessualità è condizionata da quanto una persona rispecchi l’ideale gold-star, chiunque non si adatti si tortura rodendosi l’anima. Ciò esclude chi dovrebbe essere incluso e ci fa dubitare anche di noi stessi.

L’importanza di una definizione

Non ho mai incontrato un esempio di gold-star ace. È una fantasia e un’utopia. Sposta la nostra attenzione sul placare gli animi invece che sull’aiutarci e inseguire questa aspettativa danneggia le vere persone asessuali che sono qui, adesso. Attenersi a questo ideale fa sì che ci si chieda ancora e ancora le domande di cui si è parlato in questi capitoli: cos’è l’asessualità e cos’è la paralisi cerebrale? Qual è l’influenza del patriarcato, della timidezza o di proteggersi chiusi in un guscio? Cos’è risultato degli stereotipi e della vergogna e cosa no? Come possiamo star bene rivendicando l’asessualità quando così tanti fattori ci fanno dubitare? E quando ci è permesso smettere di farci domande?

C’è una risposta breve e una lunga. Quella breve è personale e pratica, riguarda cosa ogni individuo dovrebbe fare dopo e per quanto tempo dovremmo interrogarci. Molti di noi non avranno mai il lusso di avere una risposta certa a queste domande, così come non sapremo mai quanto le nostre preferenze siano influenzate da fattori esterni. Le interazioni sono troppo complicate. Come Cara e ogni asessuale sa, mettersi continuamente in discussione può essere estenuante, oltre che inutile. Le esperienze possono cambiare da sole o no – perciò dopo qualche tentativo questo lavoro non è più utile e l’accettazione diventa più importante.

Il condizionamento sociale dannoso, sia che riguardi la pressione di indossare tacchi alti o quella di non piangere, è inevitabile. La lista delle lezioni da dimenticare è quasi infinita, ma il tempo e le energie non lo sono. Una persona può decidere che la questione del desiderio sessuale non sia il problema più importante da affrontare e di concentrarsi su altre questioni, ottenendo più risultati. Ogni asessuale è benvenuto nella comunità. Non ci sono gold-star tra noi, ma non siamo peggiori per questo.

La risposta lunga è quella sociale e riguarda ciò che deve cambiare a un livello superiore. È estremamente necessario mettere in discussione le aspettative che gli altri hanno per noi, il loro scopo e la loro origine. Ogni persona dovrebbe esplorare il proprio io e i propri desideri, analizzando come tutto potrebbe cambiare.

Questo vale anche per le persone che si definiscono asessuali. Dovrebbe esserci la libertà di non identificarsi come ace se non si ritiene necessario, la libertà di essere asessuale e comunque curioso nei confronti del sesso, la libertà di dirsi asessuali e poi cambiare idea. Per esempio, Lucid Brown – primo capitolo – ha iniziato a identificarsi come demisessuale dopo aver scoperto che loro sperimentano attrazione sessuale, anche se verso una sola persona. Lucid non prova attrazione se non per la sua ragazza e questo è abbastanza per cambiare definizione, il passaggio non dovrebbe essere angoscioso.

“Penso che le persone entrino ed escano dall’eterosessualità, dall’omosessualità e dalla queerness in vari modi, e perché questo non può valere anche per l’asessualità?” chiede Cerankowski, docente di studi di genere. “A seconda della circostanza le persone potrebbero identificarsi con diverse sessualità e io penso che dovremmo favorire la fluidità, pensando in maniera più complessa alle identità sessuali”. L’età e la salute, ad esempio, possono avere un’influenza su di esse e sull’esperienza sessuale; “adottare un approccio più fluido alla formazione dell’identità sessuale non nega per forza l’asessualità se non è qualcosa di essenziale per tutta la vita; ci sono semplicemente modi diversi di vivere la sessualità”.

Tuttavia, la fluidità, l’esplorazione e il disimparare gli stereotipi varrebbero poco se si viene incoraggiati sempre e solo ad essere più sessuali. Per guardare la cosa più da vicino, il lavoro di autoanalisi e l’obiettivo delle domande (“Sono inconsciamente repress*? Vittima degli stereotipi?) è spesso anche un prodotto del controllo e del condizionamento sociale, solo da un altro lato. Se le opzioni asessuali e allosessuali sono ugualmente disponibili – in visibilità e in cosa la gente crede riguardo il significato di queste identità – e una persona sceglie di essere allo, è una prova ragionevole del fatto che sono allosessuali. Se l’unica opzione accettabile è l’allosessualità e una persona la sceglie, è molto più probabile che questa scelta sia il risultato della vergogna di essere anormale. Le persone negheranno la propria natura ace e vivranno per sempre nella speranza di scoprire che in realtà sono allosessuali.

L’autoanalisi perde valore se non viene accompagnata dalla piena accettazione sociale dell’asessualità. Riconoscere che ogni tipo di persona può essere ace e che l’asessualità è semplicemente una forma diversa, ma non inferiore, di essere è di primaria importanza. Inoltre, non è abbastanza limitarsi a dire che è okay essere asessuali. Le persone dovrebbero essere incoraggiate attivamente a decidere se possono essere asessuali e imparare le gioie di una vita asessuale. Solo allora l’autoanalisi porterà a una maggiore libertà. Chiunque dovrebbe essere liber* di comprendersi, ma nessuno dovrebbe trarre da questa libertà l’idea che essere ace sia sbagliato e che loro debbano continuare a cercare un’altra risposta.

È un imperativo morale che la comunità disabile e quella asessuale accolgano le persone dei due gruppi. La prima deve farlo perché la variazione sessuale esiste e anche le persone disabili possono essere ace, e non c’è niente di male, mentre la seconda perché la variazione sessuale esiste e le persone asessuali possono essere disabili, e non c’è niente di male – e perché il potere del movimento ace non dipende dall’origine della purezza.

Le persone non accettano l’asessualità non solo perché potrebbe essere il risultato di un controllo esterno, ma anche perché si suppone che ti rovini la vita. La mancanza di sessualità significa che si è aridi e stanchi. Oltre a essere associata con l’infanzia, essa viene collegata a un’età avanzata, perché si suppone che le persone anziane non sentano più “la scarica d’eccitazione che arriva con il primo sfregamento di labbra, il momento in cui i vestiti cadono sul pavimento”[44]. Altra gente parla della paura di “smettere di essere sessuale di punto in bianco” e questa perdita di sessualità significherebbe “scomparire o dissolversi nel nulla”[45]. Ciò spinge chi di noi non è particolarmente sessuale a chiedersi se non si è già scomparsi, già dissolti. Questi commenti sono comprensibili; ci può essere un vero dolore nel non avere o perdere sessualità. Sono solidale e non penso che questi commenti debbano essere censurati. Tuttavia, rafforzano ancora una storia che troppo spesso è l’unica storia.

La visione del mondo di una persona ace è importante perché presenta una rara immagine di un’esistenza felice e asessuale e ci dice che sì, è (o può essere, o almeno dovrebbe essere) possibile. Cosa c’è di sbagliato nel messaggio che le persone dovrebbero essere in grado di essere felici in varie circostanze? In vari modi? La forza di questa visione non si basa sull’insistere che l’asessualità venga sempre dal nulla e che duri per tutta la vita, senza mai mutare o essere causata da qualcos’altro. Il suo potere è dovuto semplicemente al mostrare una vita diversa a coloro che potrebbero volerla o averne bisogno per qualche motivo. Il fatto che molte forme  e molte cause dell’asessualità esistano non nega questa affermazione.

Puoi essere asessuale se ti ci porta la tua disabilità, se hai subito un trauma sessuale e  anche se perdi la libido quando sei avanti con l’età. La comunità ace dovrebbe essere pronta ad aiutare in ogni caso. Non devi far parte della comunità per sempre, ma l’affermazione che una vita felice è possibile anche per le persone ace, a prescindere dal perché lo siano, è importante e include anche te. È anche tu che non ti identifichi come ace. Se l’asessualità va bene, allora vanno bene anche tutti i livelli di bassa libido o la così chiamata disfunzione sessuale. Chiunque abbia una forma di desiderio o attrazione più bassi o più alti del “normale” può essere okay. Più che okay.

Diversi gruppi ultimamente stanno combattendo contro la stessa cosa che non è il non fare sesso, ma la normatività e il controllo sessuali. Tutti questi gruppi sono potenziali alleati. La più grande battaglia è far capire al mondo che non è necessario essere “normali”: abbiamo bisogno solo di ciò che ci fa stare bene e dell’abilità di decidere cosa fare con i nostri corpi, le nostre storie e le nostre vite. La vera liberazione sessuale significa avere più opzioni – niente sesso per tutta la vita, sesso tre volte al giorno o qualsiasi via di mezzo – che siano tutte equamente disponibili e accettate e che possano tutte portare alla felicità se sono giuste per te. Il contesto è importante, ma non ci sarà nessun atto sessuale intrinsecamente liberatorio o regressivo, né stereotipi sessuali di alcun tipo.

Eliminare la sessualità imposta significa anche eliminare l’ipersessualizzazione e la desessualizzazione. Sono necessarie molte voci. Non venire più considerati strani per non voler far sesso, né essere scioccati se qualcuno vuole farlo. Dovremmo chiedere alla gente cosa vuole e non essere sorpresi, a prescindere dalla risposta. E dovremmo dirle che, a prescindere dalla risposta, lavoreremo per assicurarci che la vita possa essere migliore per tutt*.


[1]  Katherine Angel, “The History of ‘Female Sexual Dysfunction’ as a Mental Disorder in the 20th Century,” Current Opinion in Psychiatry 23, no. 6 (November 2010): 536–41, https://doi.org/10.1097/YCO.0b013e32833db7a1.

[2] American Psychiatric Association, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders: Fifth Edition (Arlington, VA: American Psychiatric Association, 2013), 433, 440.

[3] Lori A. Brotto, “The DSM Criteria for Hypoactive Sexual Desire Disorder in Women,” Archives of Sexual Behavior 39, no. 2 (April 2010): 221–39, https://doi.org/10.1007/s10508-009-9543-1

[4] Peter M. Cryle and Alison M. Moore, Frigidity: An Intellectual History (New York: Palgrave Macmillan, 2011), 47.

[5] Rossella E. Nappi et al., “Management of Hypoactive Sexual Desire Disorder in Women: Current and Emerging Therapies,” International Journal of Women’s Health 2010, no. 2 (August 2010): 167–75, https://doi.org/10.2147/ijwh.s7578.

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[7] Jonathan M. Metzl, “Why ‘Against Health’?” in Against Health: How Health Became the New Morality, ed. Jonathan M. Metzl and Anna Kirkland (New York: New York University Press, 2010), 2.

[8] Laura Gilbert, “FDA Panel Rejects P&G Female Sex-Drive Patch,” Market-Watch, December 2, 2014, https://www.marketwatch.com/story/fda-panel-rejects-pgs-female-sex-drive-patch.

[9] Brigid Schulte, “From 1952–2015: The Path to ‘Female Viagra’ Has Been a Rocky One,” Washington Post, August 18, 2015, https://www.washingtonpost.com/news/to-your-health/wp/2015/08/17/female-viagra-could-get-fda-approval-this-week.

[10] Gardiner Harris, “Pfizer Gives Up Testing Viagra on Women,” New York Times, February 28, 2004, https://www.nytimes.com/2004/02/28/business/pfizer-gives-up-testing-viagra-on-women.html

[11] T. S. Sathyanarayana Rao and Chittaranjan Andrade, “Flibanserin: Approval of a Controversial Drug For A Controversial Disorder,” Indian Journal of Psychiatry, 57, no. 3 (2015): 221–23, https://doi.org/10.4103/0019-5545.166630.

[12] Andrew Pollack, “F.D.A. Approves Addyi, a Libido Pill for Women,” New York Times, August 18, 2015, https://www.nytimes.com/2015/08/19/business/fda-approval-addyi-female-viagra.html.

[13] Jennifer Block and Liz Canner, “The ‘Grassroots Campaign’ for ‘Female Viagra’ Was Actually Funded by Its Manufacturer,” The Cut, September 8, 2016, https://www.thecut.com/2016/09/how-addyi-the-female-viagra-won-fda-approval.html.

[14] Katie Thomas and Gretchen Morgenson, “The Female Viagra, Undone by a Drug Maker’s Dysfunction,” New York Times, April 9, 2016, https://www.nytimes.com/2016/04/10/business/female-viagra-addyi-valeant-dysfunction.html.

[15] Katie Thomas, “New Sex Drug for Women to Improve Low Libido Is Approved by the F.D.A.,” New York Times, June 21, 2019, https://www.nytimes.com/2019/06/21/health/vyleesi-libido-women.html.

[16] Thomas, “New Sex Drug for Women to Improve Low Libido Is Approved by the F.D.A.”

[17] Richard Balon, “The DSM Criteria of Sexual Dysfunction: Need for a Change,” Journal of Sex & Marital Therapy 34, no. 3 (2008): 186–97, doi:10.1080/0926230701866067.

[18] Andrew C. Hinderliter, “How Is Asexuality Different from Hypoactive Sexual Desire Disorder?,” Psychology and Sexuality 4, no. 2 (2013): 171–73, doi.org/10.1080/19419899.2013.774165.

[19] American Psychiatric Association, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders: Fifth Edition (Arlington, VA: American Psychiatric Association, 2013), 434, 443.

[20] Grace Medley et al., “Sexual Orientation and Estimates of Adult Substance Use and Mental Health: Results from the 2015 National Survey on Drug Use and Health,” SAMHSA, https://www.samhsa.gov/data/sites/default/files/NSDUH-SexualOrientation-2015/NSDUH-SexualOrientation-2015/NSDUH-SexualOrientation-2015.htm.

[21] Hinderliter, “How Is Asexuality Different from Hypoactive Sexual Desire Disorder?”

[22] Mikala Jamison, “Horny Pens for All,” Outline, December 30, 2019, https://theoutline.com/post/8481/every-woman-deserves-to-try-vyleesi-aka-the-horny-pen-if-she-wants.

[23] Lori Brotto et al., “Asexuality: An Extreme Variant of Sexual Desire Disorder?” Journal of Sexual Medicine 12, no. 3 (March 2015): 646–60, https://doi.org/10.1111/jsm.12806.

[24] Neel Burton, “When Homosexuality Stopped Being a Mental Disorder,” Psychology Today, September 18, 2015, https://www.psychologytoday.com/us/blog/hide-and-seek/201509/when-homosexuality-stopped-being-mental-disorder.

[25] Oliver Wendell Holmes and Supreme Court of the United States, U.S. Reports: Buck v. Bell, 274 U.S. 200 (1927), Library of Congress, https://www.loc.gov/item/usrep274200.

[26] Adam Cohen, Imbeciles: The Supreme Court, American Eugenics, and the Sterilization of Carrie Buck (New York: Penguin Books, 2016), 6–10, 26–39.

[27] Paul Lombardo, Three Generations, No Imbeciles: Eugenics, the Supreme Court, and Buck v. Bell (Baltimore: Johns Hopkins Press, 2010), 49.

[28] Jules Hathaway, “The Spirit of Buck V. Bell Survives in Our Demonizing of Marginalized Groups,” Bangor Daily News, April 30, 2017, https://bangordailynews.com/2017/04/30/opinion/contributors/the-spirit-of-buck-v-bell-survives-in-our-demonizing-of-marginalized-groups.

[29] Eunjung Kim, “Asexuality in Disability Narratives,” Sexualities 14, no. 4 (2011): 479–93, https://doi.org/10.1177/1363460711406463.

[30] Katharine Quarmby, “Disabled and Fighting for a Sex Life,” Atlantic, March 11, 2015, https://www.theatlantic.com/health/archive/2015/03/sex-and-disability/386866.

[31] Margaret A. Nosek et al., “Sexual Functioning among Women with Physical Disabilities,” Archives of Physical Medicine and Rehabilitation 77 (1996): 107–15, https://doi.org/10.1016/S0003-9993(96)90154-9.

[32] Ariel Henley, “Why Sex Education for Disabled People Is So Important,” Teen Vogue, October 5, 2017, https://www.teenvogue.com/story/disabled-sex-ed.

[33] Wendy Lu, “Dating With a Disability,” New York Times, December 8, 2016, https://www.nytimes.com/2016/12/08/well/family/dating-with-a-disability.html.

[34] Karen Cuthbert, “You Have to Be Normal to Be Abnormal: An Empirically Grounded Exploration of the Intersection of Asexuality and Disability,” Sociology 51, no. 2 (2017): 241–57, doi.org/10.1177/0038038515587639.

[35] Cuthbert, “You Have to Be Normal to Be Abnormal.”

[36] Antonio Centeno and Raúl de la Morena, dirs., Yes, We Fuck! 2015.

[37] Andrew Gurza, Disability after Dark, https://www.stitcher.com/podcast/andrew-gurza/disabilityafterdark.

[38] Maïa de la Baume, “Disabled People Say They, Too, Want a Sex Life, and Seek Help in Attaining It,” New York Times, July 4, 2013, https://www.nytimes.com/2013/07/05/world/europe/disabled-people-say-they-too-want-a-sex-life-and-seek-help-in-attaining-it.html.

[39] Maureen S. Milligan and Alfred H. Neufeldt, “The Myth of Asexuality: A Survey of Social and Empirical Evidence,” Sexuality and Disability 19, no. 2 (2001): 91–109, https://doi.org/10.1023/A:1010621705591.

[40] Kristina Gupta, “Happy Asexual Meets DSM,” Social Text Journal, October 24, 2013, https://socialtextjournal.org/periscope_article/happy-asexual-meets-dsm/.

[41] Sciatrix, “The Construct of the ‘Unassailable Asexual,’” Knights of the Shaded Triangle (forum), October 23, 2010, http://shadedtriangle.proboards.com/thread/18.

[42] Sciatrix, “The Construct of the ‘Unassailable Asexual’”; Cuthbert, “You Have to Be Normal to Be Abnormal.”

[43] Nicola Davis, “Scientists Quash Idea of Single ‘Gay Gene,’” Guardian, August 29, 2019, https://www.theguardian.com/science/2019/aug/29/scientists-quash-idea-of-single-gay-gene.

[44] Arthur Krystal, “Why We Can’t Tell the Truth about Aging,” New Yorker, October 28, 2019, https://www.newyorker.com/magazine/2019/11/04/why-we-cant-tell-the-truth-about-aging.

[45] Heather Havrilesky, “Ask Polly: ‘I’m Trying to Go Gray and I Hate It!,’” Cut, December 18, 2019, https://www.thecut.com/2019/12/ask-polly-im-trying-to-go-gray-and-i-hate-it.html.


[a] https://it.wikipedia.org/wiki/Piss_On_Pity

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